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Roma, 8 ott. (askanews) – Trent’anni fa Il racconto del Vajont era la voce e il corpo di Marco Paolini. Lunedì sera, 9 ottobre, nel 60esimo anniversario della tragedia del Vajont che costò la vita a 2000 persone, diventerà VajontS 23, azione corale di teatro civile messa in scena in contemporanea in 130 teatri dall’Alto Adige alla Sicilia e anche all’estero.
A Roma al Teatro Brancaccio in via Merulana 244 trenta artisti di diverse generazioni, accompagnati da due musicisti, si alterneranno nella lettura di VajontS 23. In scena ci saranno: Laura Adriani, Valerio Aprea, Marianna Aprile, Antonio Bannò, Luca Barbarossa, Mia Benedetta, Barbora Bobulova, Paolo Calabresi, Francesco Colella, Ileana D’Ambra, Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri, Massimo Di Lorenzo (chitarra), Giovanna Famulari (violoncello), Martina Ferragamo, Isabella Ferrari, Anna Ferzetti, Marta Gastini, Sara Lazzaro, Neri Marcorè, Antonio Muro, Filippo Nigro, Edoardo Purgatori, Elena Radonicich, Vanessa Roghi, Fabrizia Sacchi, Vanessa Scalera, Pietro Sermonti, Alessandro Tiberi, Thomas Trabacchi, Giulia Vecchio e Luca Zingaretti.
La storia del Vajont riscritta, 25 anni dopo il racconto televisivo, da Marco Paolini con la collaborazione di Marco Martinelli, drammaturgo e regista del Teatro delle Albe, non è più solo un racconto di memoria e di denuncia sociale, ma diventa una sveglia. La narrazione di quel che è accaduto si moltiplica in un coro di tanti racconti per richiamare l’attenzione su quel che potrebbe accadere. “Quella del Vajont – spiega Paolini – è la storia di un avvenimento che inizia lentamente e poi accelera. Inesorabile. Si sono ignorati i segni e, quando si è presa coscienza, era troppo tardi. In tempo di crisi climatica, non si possono ripetere le inerzie, non possiamo permetterci di calcolare il rischio con l’ipotesi meno pericolosa tra tante. Tra le tante scartate perché inconcepibili, non perché impossibili”.
Grandi attori e allievi delle scuole di teatro, teatri stabili e compagnie di teatro di ricerca, musicisti e danzatori, maestranze, personale e spettatori arruolati come lettori si riuniranno nei posti più diversi, dallo Strehler di Milano ai piccoli teatri di provincia, a scuole, chiese, centri civici, biblioteche, piazze di quartiere, dighe e centri parrocchiali. Ciascuno realizzerà un proprio allestimento di VajontS 23 a partire dalle peculiarità del suo territorio. E poi, tutti si fermeranno alle 22.39, l’ora in cui la montagna franò nella diga.
VajontS 23 sarà come un canovaccio. Ci sarà chi lo metterà in scena integralmente, chi lo userà come uno spunto e lo legherà alle tante tragedie annunciate che si sono succedute dal 1963 a oggi: in Toscana l’alluvione di Firenze del 1966, in Piemonte si racconterà di quando il Po e il Tanaro esondarono nel 1994, in Veneto delle alluvioni del 1966 e del 2010, in Campania della frana di Sarno del 1998, in Friuli degli incendi del Carso nel 2022, in Alto Adige della valanga della Marmolada del 3 luglio del 2022 e in Romagna dell’alluvione di maggio.
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