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Bruxelles, 6 dic. (askanews) – Si svolgerà domani a Pechino il primo vertice Ue-Cina “in presenza” dall’epoca della pandemia di Covid, dopo quello che si tenne in videoconferenza il primo aprile del 2022. Sarà anche il primo Summit tra Pechino e i leader delle istituzioni Ue, dopo che, nel luglio scorso, per la prima volta il Consiglio europeo ha dedicato una buona parte della propria agenda a una discussione strategica sulle relazioni con la Cina, e dopo la decisione della Commissione europea, due mesi fa, di lanciare un’inchiesta anti sussidi sui veicoli elettrici cinesi.
Il programma dell’incontro prevede innanzitutto una discussione, non facile, sulle relazioni economiche e commerciali tra l’Unione e la Cina, poi sulla guerra russa in Ucraina (con la problematica delle sanzioni contro Mosca e del loro aggiramento, che l’Ue vuole evitare) e sulla situazione sempre più drammatica in Medio Oriente (dove gli europei vorrebbero un maggiore ruolo diplomatico di Pechino per promuovere la de-escalation), e infine verranno evocate le sfide globali e regionali, in particolare il cambiamento climatico, la protezione della biodiversità e la politica sanitaria (prevenzione delle pandemie), in cui la collaborazione della Cina è essenziale per contribuire alle soluzioni dei problemi.
Gli europei solleveranno anche, come si sono ripromessi di fare sistematicamente in questi incontri, i temi di particolare preoccupazione riguardanti la situazione dei diritti umani in Cina, e le tensioni con Taiwan e nel Mar Cinese orientale e meridionale.
Il vertice comincerà alle 11 con l’incontro (seguito da un pranzo di lavoro) tra il presidente cinese Xi Jinping e i tre rappresentanti dell’Ue, il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e l’Alto Rappresentante per la Politica estera Josep Borrell. I leader europei incontreranno poi alle 15 il primo ministro cinese Li Qiang. Alle 20 ci sarà la conferenza stampa finale di Michel e von der Leyen.
Non sono previste invece né una conferenza stampa congiunta delle due parti, né un comunicato congiunto con le conclusioni finali del vertice: a dimostrare, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto complesse e difficili siano le relazioni attuali tra l’Ue e la Cina.
In campo economico e commerciale pesano le azioni anti sussidi iniziate dall’Ue riguardo alle importazioni di veicoli elettrici, turbine eoliche, apparecchiature fotovoltaiche, tecnologie medicali, più la disputa in corso davanti all’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) sul blocco delle importazioni cinesi dalla Lituania, per le quali l’Ue accusa Pechino di “coercizione” contro Vilnius (punita per aver aperto un ufficio diplomatico a Taiwan).
C’è poi la questione dell’eccessiva dipendenza dell’Unione dalla Cina per l’approvvigionamento di materie prime e per le catene del valore di molte produzioni europee, in particolare nel campo, sempre più sensibile, delle tecnologie verdi. E resta il problema degli ostacoli per l’accesso agli appalti che le società europee incontrano in Cina, che il congelamento dell’accordo sugli investimenti (Cai), firmato alla fine del 2020, non ha certo risolto.
Riguardo alla guerra in Ucraina, l’Ue continuerà a chiedere alla leadership cinese di usare la propria influenza sulla Russia per far cessare l’aggressione, di difendere l’ordine internazionale basato sulle regole, e di impegnarsi per evitare che la Russia aggiri le sanzioni (anche ricorrendo a forniture e servizi di imprese cinesi).
Sul clima gli europei chiederanno alla Cina (che vorrebbe continuare a essere trattata come un paese in via di sviluppo) un’azione più ambiziosa che includa l’eliminazione graduale dei carburanti fossili e la riduzione delle emissioni di metano, il rispetto degli impegni di Parigi e un impegno alla neutralità climatica entro il 2050, come quello già assunto dall’Unione.
Riguardo alla salute, i leader dell’Ue spingeranno affinché Pechino rafforzi la sua partecipazione nella cooperazione mondiale per la prevenzione delle pandemie e per la preparazione adeguata alle crisi sanitarie che trascendono le frontiere nazionali, come ha dimostrato la pandemia di Covid-19.
In generale, l’obiettivo è quello di perseguire una relazione “costruttiva e stabile”, nonostante i molti punti in cui pesano le differenze, se non le divergenze di posizioni, visto anche il carattere “sistemico” della rivalità fra Cina e Ue in campo economico e geopolitico (la definizione di “rivale sistemico” nei riguardi di Pechino è stata coniata dagli europei).
L’impressione è che gli europei siano sulla difensiva: dopo aver teorizzato la necessità di affrontare il “rivale sistemico” cinese, sempre più “assertivo”, con una strategia di “de-risking” (riduzione del rischio), soprattutto riguardo alle dipendenze eccessive nelle catene del valore, rassicurando allo stesso tempo Pechino sulla propria volontà di non procedere a un “de-coupling” (rottura delle relazioni), l’Ue comincia ora a sentire il rischio di un indebolimento della propria influenza geopolitica, soprattutto nei riguardi del cosiddetto “Global South”, che si aggraverebbe in caso di aumento delle divergenze, se non di una vera e propria confrontazione con Pechino, a tutto vantaggio del “nemico” russo.
L’Europa deve spiegare perciò ai cinesi che il “de-risking” non è concepito su misura contro di loro, ma per qualunque situazione di dipendenza economica eccessiva da paesi terzi; che le iniziative anti-sovvenzioni contro le importazioni dalla Cina, in particolare quelle dei veicoli elettrici, sono perfettamente in linea con le regole della Wto; che, infine, la leadership di Pechino ha tempo e modo per indurre quella dozzina di imprese cinesi (attive nelle tecnologie “duali” o nelle alte tecnologie sensibili) sospettate di aggirare più o meno direttamente le sanzioni contro la Russia, ad agire nella giusta direzione per evitare di essere prese di mira dal prossimo pacchetto (il 12esimo) di sanzioni europee.
(di Lorenzo Consoli)
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