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Bruxelles, 8 nov. (askanews) – La Commissione europea ha raccomandato oggi al Consiglio europeo l’apertura dei negoziati di adesione con l’Ucraina, la Moldova e la Bosnia-Erzegovina, e ha concesso finalmente alla Georgia lo status di paese candidato. Le decisioni sono state prese questa mattina a Bruxelles dal collegio dei commissari, e annunciate poi in conferenza stampa nel pomeriggio dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.

Nonostante la guerra in corso, ha detto von der Leyen, “l’Ucraina ha completato oltre il 90% delle riforme che erano state raccomandate dalla Commissione”, completando quattro dei sette “step” che l’Esecutivo comunitario aveva indicato quando aveva concesso a Kiev lo status di candidato, per avere il via libera ai negoziati d’adesione. Sono stati apprezzati, in particolare, i progressi fatti nella riforma della giustizia e nella lotta alla corruzione e al riciclaggio del denaro.

In una situazione simile è anche la la Moldova, che ha fatto molti progressi, in particolare per la riforma della giustizia, e la lotta al crimine organizzato e all’influenza eccessiva delle lobby, ha aggiunto von der Leyen.

Le raccomandazioni di aprire i negoziati per l’Ucraina e la Moldova, hanno puntualizzato fonti comunitarie, sono “incondizionate”, ovvero non sono accompagnate da nessuna nuova condizione. Tuttavia, la presidente della Commissione ha indicato che per entrambi i paesi sarà necessario completare tutte le riforme che erano state richieste con i sette “step”, prima che possa essere concordato il “quadro negoziale” tra i paesi candidati e il Consiglio Ue.

L’inizio vero e proprio dei negoziati d’adesione, insomma, “dipenderà dalla velocità del completamento delle riforme restanti” che sono in corso nei due paesi candidati. Per l’Ucraina, ha detto von der Leyen, il restante 10% delle riforme ancora in sospeso potrà essere completato entro il mese di marzo. Ciò che resta da fare riguarda in particolare l’intensificazione della lotta alla corruzione, una regolamentazione delle lobby in linea con le norme Ue e la riduzione dell’influenza degli oligarchi sul potere politico, un rafforzamento della tutela soprattutto culturale (istruzione, media, uso delle lingue) delle minoranze nazionali ungherese, bulgara e rumena (ma non di quella russa, hanno precisato fonti della Commissione, almeno fino a che continua la guerra).

Nel frattempo, se il Consiglio europeo del 15 dicembre seguirà le raccomandazioni di oggi dando il suo via libera, il “lavoro tecnico” per preparare i negoziati d’adesione “potrà proseguire immediatamente”, hanno indicato fonti qualificate della Commissione, con la partenza per Kiev della squadra di funzionari dell’Esecutivo comunitario “lo stesso 15 dicembre”.

Questo lavoro tecnico consiste principalmente nel processo di “screening”, in cui bisogna valutare tutta la legislazione del paese candidato e confrontarla con il cosiddetto “acquis” comunitario (40 mila pagine di misure legislative e regolamentari, più la giurisprudenza della Corte europea di giustizia). Tutte le normative divergenti del paese candidato vanno allineate a quelle dell’Ue. Questo processo dura normalmente da uno a due anni, ma fonti qualificate dell’Ue hanno affermato la volontà, in questi due casi, di andare avanti il più rapidamente possibile, stimando di “poterlo fare in sei mesi”.

Anche per quanto riguarda la Bosnia-Erzegovina, la Commissione raccomanda l’apertura dei negoziati di adesione, ma in questo caso condizionata al “raggiungimento del necessario grado di conformità con i criteri di adesione”, ha precisato von der Leyen. “Stiamo spalancando la porta e invitando la Bosnia-Erzegovina a varcare la soglia”, ha detto la presidente della Commissione, ma nonostante i progressi nella lotta al crimine organizzato, al riciclaggio del denaro e al terrorismo, ci sono preoccupazioni per le diverse leggi incostituzionali approvate dai rappresentanti della “Repubblica serba”, un’entità all’interno della Bosnia.

Per la Georgia, infine, la Commissione raccomanda al Consiglio di concedere lo status di candidato all’adesione, come aveva fatto in precedenza per Ucraina e Moldova nel giugno 2022, chiedendo al Paese di continuare a fare progressi nell’attuazione delle 12 riforme prioritarie individuate l’anno scorso.

Durante la sua conferenza stampa, Von der Leyen ha sottolineato in particolare il “momentum”, la forte spinta all’allargamento che viene dall’attuale situazione geopolitica in particolare per Ucraina, Moldova e Georgia, e la necessità di completarlo al più presto come interesse sia dei paesi candidati che dell’Ue.

“L’Ucraina – ha ricordato la presidente della Commissione – continua ad affrontare enormi difficoltà e tragedie provocate dalla guerra di aggressione della Russia, eppure gli ucraini stanno riformando profondamente il loro paese, anche se stanno combattendo una guerra che per loro è una minaccia esistenziale”.

“L’allargamento – ha continuato – è una politica vitale per l’Unione europea. Completare la nostra Unione è l’appello della storia, l’orizzonte naturale della nostra Unione, è l’orizzonte naturale dell’Ue. Sappiamo tutti che ci legano la geografia, la storia e i valori comuni”; inoltre, “completare la nostra Unione ha anche una logica economica geopolitica” e sappiamo dalle esperienze precedenti che “ci sono enormi benefici per i paesi che hanno aderito all’Ue e per la stessa Ue. In sostanza, è una vittoria per tutti”.

“L’obiettivo della Russia – ha ricordato ancora von der Leyen – era di cancellare l’Ucraina dalla carta geografica. Se ci fosse riuscita, possiamo immaginare che cosa questo avrebbe significato per la sicurezza dell’Ue. E’ bene che la Russia abbia mancato questo obiettivo strategico. Al contrario, ora l’Ucraina come nazione è più forte che mai. Ed è importante stabilizzare la sua democrazia, restare al suo fianco, e assicurare che possa superare questa massiccia aggressione, la guerra scatenata dalla Russia”.

“Più in generale, se si guarda a tutti i paesi candidati all’adesione all’Ue, questo – ha rilevato la presidente della Commissione – è un momento decisivo. Sono paesi che devono fare una scelta, decidere chiaramente da che parte stare. E’ evidente, quando si viaggia nella regione, che i paesi candidati sono molto chiari sul fatto che vogliono aderire all’Ue, perché vedono la differenza”.

“Ci sono diversi paesi che vogliono interferire in questo processo, ma noi abbiamo il compito di continuare il nostro lavoro e dare” ai paesi candidati “la forza di cui hanno bisogno nel loro percorso verso l’adesione”, ha concluso von der Leyen.

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