X
<
>

Share
4 minuti per la lettura

Roma, 16 nov. (askanews) – Tensione alle stelle sul salario minimo tra maggioranza e opposizione. Alla fine è arrivato in commissione Lavoro della Camera l’emendamento del centrodestra che, di fatto, affonda definitivamente la proposta delle opposizioni. E la minoranza annuncia un’opposizione “durissima e senza sconti”. Il testo è atteso in Aula il 28 novembre, dopo i rinvii di questi mesi.

La ricetta del centrodestra, messa nero su bianco, punta ad una retribuzione “equa” da costruire, categoria per categoria, nei tempi di una legge delega “in materia di retribuzione dei lavoratori e contrattazione collettiva”, con decreti legislativi da varare entro sei mesi, che certifica quindi il ‘no’ ad un salario minimo per legge su cui i gruppi di minoranza negli ultimi mesi hanno trovato la convergenza producendo il loro progetto di legge unitario (tranne Italia Viva) e su cui hanno raccolto le firme nel Paese.

L’esecutivo, “dopo aver buttato la palla in tribuna rivolgendosi al Cnel sgonfierà la palla e umilierà il Parlamento”, attacca il presidente M5S Giuseppe Conte, che aggiunge: con un “decreto legislativo cercheranno di fermare l’onda perché hanno visto che stavamo ancora raccogliendo le firme. Si stanno industriando in tutti i modi per cercare di allontanare questa norma di civiltà”. Arturo Scotto (capogruppo Pd in commissione Lavoro) parla di “colpo di mano” che “trasforma una legge delle opposizioni in una delega”. Si “cancella la battaglia del salario senza mai nominarlo”, per Angelo Bonelli (co-portavoce di Europa Verde e deputato di Verdi e Sinistra). E il segretario di Sinistra italiana Fratoianni: il governo è “contro in lavoratori poveri”.

In un passaggio dell’emendamento, interamente sostitutivo della pdl sul salario minimo, si legge che si dovranno “prevedere strumenti di incentivazione” per “favorire lo sviluppo progressivo della contrattazione di secondo livello” anche “per fare fronte alle diversificate necessità correlate all’incremento del costo della vita e alle differenze dei costi su base territoriale”. Immediata la protesta del Pd contro quelle che secondo i Dem sono “gabbie salariali”. Stesso giudizio dai Cinque Stelle: è “il ritorno di un principio, pericoloso e anacronistico, che, se già non bastasse l’Autonomia differenziata, provocherà ulteriori spaccature fra Nord e Sud”.

A stretto giro, il presidente della commissione Lavoro, Walter Rizzetto (Fdi), risponde affermando che si tratta di “reazioni scomposte da chi si sente spogliato di un tema che pensava fosse esclusivo” e puntualizza che il testo non contempla le ‘gabbie salariali’, “piuttosto” la “contrattazione di secondo livello”, invitando a “leggere” meglio. “Invece no – replica Giuseppe Conte – all’articolo 1, secondo comma, lettera D del loro emendamento parlano di salari differenziati in relazione alle varie aree d’Italia, quindi significa tra nord e sud. Una prospettiva scellerata che reintroduce le gabbie salariali che pensavamo di aver superato una volta per tutte”.

“E’ una grave scorrettezza – osserva Matteo Richetti (Azione) – snatureranno il provvedimento, senza alcuna previsione di una soglia minima. Avremo cioè una proposta sul salario minimo che non ha un compenso minimo: è una presa in giro alla quale ci opporremo in Parlamento”.

Maria Cecilia Guerra, responsabile lavoro Dem, si sofferma su un altro punto che definisce “pericoloso”: la “maggioranza ha tirato finalmente fuori il coniglio dal cilindro: il contratto collettivo nazionale maggiormente applicato”, ossia “non ancorato ad alcun criterio di rappresentatività dei soggetti che lo firmano” e che “favorisce paradossalmente i contratti pirata”, tagliando fuori le “associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative”.

Sinora sul tavolo c’era stato, oltre alla pdl delle opposizioni, un emendamento di Forza Italia. Che, spiegano fonti parlamentari, per il momento lì resta. Un testo che, secondo il ministro degli Esteri Antonio Tajani arginerà anche i contratti pirata. Spulciando tra le proposte arrivate in commissione Lavoro, ce n’è anche una di Italia Viva che cancella il riferimento dal testo dei “9 euro” chiedendo che sia una futura commissione a stabilirlo.

La ministra del Lavoro, Marina Calderone, aveva ribadito che il governo guarda ad una “equa retribuzione, nell’ambito della contrattazione collettiva” da ricavare “da tutta una serie di fattori”. Così nell’emendamento depositato, che verrà messo ai voti la prossima settimana, c’è la delega al governo per “garantire l’attuazione del diritto di ogni lavoratore e lavoratrice a una retribuzione proporzionata e sufficiente, come sancito dall’articolo 36 della Costituzione, rafforzando la contrattazione collettiva e stabilendo i criteri che riconoscano l’applicazione dei trattamenti economici complessivi minimi dei contratti collettivi nazionali maggiormente applicati”. Tra gli “obiettivi” esplicitati la lotta al dumping e al lavoro “sottopagato”.

Nel caso di contratti scaduti e non rinnovati in tempi congrui si punta all’intervento del ministro ma “a valere sui soli trattamenti economici minimi complessivi, tenendo conto delle peculiarità delle categorie di riferimento e, se del caso, considerando i trattamenti economici minimi complessivi previsti da contratti collettivi più applicati vigenti in settori affini”.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE