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Roma, 24 lug. (askanews) – Le opposizioni fanno quadrato sul salario minimo, dopo le aperture che Giorgia Meloni avrebbe fatto nei giorni scorsi. Di fronte alle mosse della maggioranza che lascia trapelare una qualche disponibilità al dialogo il Pd convoca una riunione di tutte le forze che hanno firmato la proposta sul salario minimo e alla fine viene ribadita una linea unitaria: se la maggioranza vuole dialogare tolga innanzitutto dal tavolo l’emendamento soppressivo con cui verrebbe cancellata la proposta di Pd, M5s, Verdi-Sinistra e Azione. Richiesta che il centrodestra non intende accogliere, ma questo non significa che martedì sera in commissione Lavoro alla Camera si voterà l’emendamento soppressivo. Secondo quanto riferisce un parlamentare, infatti, il centrodestra starebbe seriamente prendendo in considerazione l’idea di fare arrivare il provvedimento in Aula senza voti e, quindi, senza mandato al relatore e della cosa probabilmente si discuterà in un ufficio di presidenza in serata.

Di certo il Pd può festeggiare la rinnovata unità delle opposizioni (a parte Iv, che non ha proprio firmato la proposta di salario minimo). Il rischio di una divisione c’era, raccontano che M5s durante l’incontro tra le opposizioni avrebbe assunto le posizioni più dure. Conte non crede al dialogo e, secondo un parlamentare di un’altra forza di opposizione, “nemmeno lo vuole. Loro vogliono solo arrivare al più presto al voto”. Un voto che certificherebbe il no del centrodestra. E Conte, davanti alle telecamere, conferma di non credere alle aperture del centrodestra: “Qual è l’apertura sul salario minimo? Per noi contano le proposte concrete, cioè le posizioni in Commissione, le dichiarazioni, e non i retroscena o posizioni recuperate da qualche articolo di giornale”.

Al contrario Carlo Calenda vorrebbe andare a vedere le carte della premier e anche stamattina in tv aveva fatto preoccupare i democratici: “Molto bene l’apertura di Giorgia Meloni. Se la destra presenta un buon provvedimento lo voteremo”. Il leader di Azione, raccontano, avrebbe continuato a tenere contatti direttamente con la premier, cercando di convincerla ad aprire un dialogo e ricevendo l’assicurazione che quanto prima verranno avviati colloqui con le opposizioni, affidati al sottosegretario Giovambattista Fazzolari. Anche Azione, però, non può prescindere dal ritiro dell’emendamento soppressivo. Matteo Richetti, al termine della riunione delle opposizioni, spiegava: “Devono ritirare l’emendamento soppressivo. Non è pensabile avviare un dialogo se inizi mettendomi un dito nell’occhio”.

D’altro canto Meloni e la Lega si sono convinti che non sia una buona idea assumersi pubblicamente la responsabilità di dire no ad un intervento a favore dei salari poveri. Senza contare, appunto, che Azione ha fatto capire di essere pronta a valutare nel merito anche altre proposte “purché si arrivi al risultato” e a condizione che non ci siano sfregi da parte della maggioranza.

Per questo l’idea di evitare il voto sull’emendamento soppressivo sta prendendo piede. “Di sicuro non lo ritiriamo”, ribadisce un esponente di Fdi. Il governo sta ragionando su una controproposta da mettere sul tavolo, ma in tempi che inevitabilmente portano a dopo l’estate. Un provvedimento sul lavoro che affronti il problema delle paghe basse attraverso strade alternative, limitando magari una forma di salario minimo ai lavoratori non coperti dalla contrattazione collettiva e provando ad incentivare la contrattazione di secondo livello laddove i contratti ci sono ma partono da minimi troppo bassi.

Una controproposta che, nelle intenzioni della premier, dovrebbe togliere alle opposizioni il vessillo della lotta contro i salari poveri, magari riuscendo pesino a spaccare il fronte. Prima, però, c’è da uscire dallo stallo che si è creato in Commissione: le opposizioni non voteranno il rinvio a settembre a scatola chiusa e la maggioranza non accetterà di ritirare l’emendamento soppressivo. Di qui l’idea di andare in Aula senza mandato al relatore, per poi votare – a maggioranza – una sospensiva che rimanda la discussione a settembre.

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