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Roma, 5 gen. (askanews) – Il Comitato elettorale centrale russo ha registrato stamane in qualità di candidato alle presidenziali di marzo Vladislav Davankov, presentato dal partito di ispirazione liberale Nuova Gente: nuova conferma di un quadro elettorale affollato per una gara ad esito scontato, eppure importante per le sorti del regime putiniano e della stessa Federazione russa.

Ad oggi, per la presidenza fino al 2030 sono in corsa 11 candidati e 10 non hanno alcuna chance di insidiare la decisione di Vladimir Putin di correre per un quinto mandato non consecutivo al Cremlino. Tre gli indipendenti, compreso Putin, e otto i candidati presentati da partiti che a loro volta non minacciano il primato della formazione governativa Russia Unita e quindi il funzionamento della macchina del potere russo.

I documenti sono stati registrati dalla Commissione elettorale ed entro il 18 gennaio chi non ha alle spalle un partito rappresentato in parlamento deve raccogliere 100mile firme e 300mila se si autocandida, con precise quote regionali. Un ‘filtro’ in passato usato per escludere eventuali partecipanti poco graditi al Cremlino.

Putin è uno degli ‘indipendenti’ e per le firme a suo sostegno sono all’opera 50 punti di raccolta solo a Mosca. Ovviamente una formalità, ma importante per un processo elettorale che è innanzitutto una verifica del funzionamento del sistema di convogliamento dei voti per il candidato del sistema di potere. Una ‘esercitazione’ che implica innanzitutto una forte partecipazione al voto, in quanto prova della legittimità del capo dello Stato, e il timore degli addetti ai lavori di rielezione di Putin è proprio quello di dover esagerare con gli espedienti per portare alle urne un elettorato che già conosce l’esito del voto. Putin vincerebbe anche senza forzature ma ha bisogno di un plebiscito per avviare un quinto mandato all’età di 72 anni e con la guerra in Ucraina che sarà entrata nel terzo anno al momento delle elezioni, fissate per il 17 marzo. Grazie alla riforma costituzionale del 2020, l’attuale presidente può in teoria restare al potere fino al 2036 ma il suo destino di leader è appeso all’esito del conflitto in Ucraina e un processo elettorale con inciampi e brogli graverebbe sulle decisioni riguardo la guerra.

A scanso di sorprese, e con una stretta autoritaria che non si arresta da anni, l’opposizione ‘extraparlamentare’, ovvero le voci dissenzienti sono state escluse dalla gara con ampio anticipo. Esemplare il caso di Aleksey Navalny, che nel 2013
poteva partecipare alle elezioni per il sindaco di Mosca e oggi sconta una condanna a 19 anni di carcere in una colonia penale di sovietica memoria nella regione dell’Artico.

La pletora di candidati deve comunque servire a proiettare l’immagine di un contesto elettorale competitivo o perlomeno vario.

Così in gara ci sono esponenti della cosiddetta ‘opposizione sistemica’, di formazioni politiche che siedono in parlamento e si muovono dentro un recinto di azione politica ammessa dal regime. Orfano del sulfureo e carismatico Zhirinovsky, il partito nazionalistico dei Liberal Democratici (Ldpr) presenta lo scialbo Leonid Slutsky, la cui unica proposta originale è l’iscrizione alle scuole superiori gratuita, sulla base di concorsi. Il Partito comunista della Federazione russa (Kprf) candida Nikolay Karitonov, che già nel 2018 si era piazzato secondo dopo Putin alle presidenziali. Motto: “Pane, pace e bene in ogni casa”.

Per Comunisti di Russia si presenta invece Sergey Malinkovic, nel cui programma spicca l’obiettivo di sferrare “dieci colpi staliniani al comunismo e all’imperialismo americano”. I due candidati comunisti raccoglieranno voti tra gli anziani e nelle regioni più in difficoltà economicamente, ma la forza elettorale dei seguaci di Lenin è da tempo in declino, fattore generazionale che riduce a poca cosa i rischi elettorali per il regime.

In lizza anche due donne: Irina Spiridova 35enne del poco significativo Partito democratico che insiste sui temi della libertà in un Paese dove i diritti e la libera espressione sono ormai totalmente repressi. E la blogger Rada Russkikh, creatrice dell’omonimo brand di cosmesi, che ha faticato a raccogliere le firme per concorrere ma al secondo tentativo ce l’ha fatta e propone di perseguire “obiettivi elevati” e in particolare lottare contro la burocrazia.

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