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Roma, 19 dic. (askanews) – Circa 44 milioni di elettori sono chiamati alle urne domani nella Repubblica democratica del Congo per eleggere il nuovo capo dello Stato, l’Assemblea nazionale e i parlamenti provinciali e, per la prima volta, i membri dei consigli municipali. Il presidente uscente Félix Tshisekedi, in corsa per un secondo e ultimo mandato di cinque anni, è visto come favorito a fronte di un’opposizione che non è riuscita a esprimere un unico candidato. I suoi principali avversari sono il ricco uomo d’affari ed ex governatore della provincia del Katanga, nonché proprietario della squadra di calcio TP Mazembe, Moise Katumbi; l’uomo ritenuto da molti osservatori il vero vincitore delle elezioni del 2018, Martin Fayulu; e il premio Nobel per la pace, il medico Denis Mukwege, noto per il suo lavoro a favore delle donne sopravvissute allo stupro.
La Repubblica Democratica del Congo è il paese più grande dell’Africa sub-sahariana: si estende su un’area pari a quella dell’Europa occidentale, con una popolazione stimata di oltre 100 milioni di persone. Dimensioni che pongono non poche sfide logistiche al processo elettorale, anche a fronte dell’instabilità cronica delle regioni orientali che hanno costretto milioni di persone ad abbandonare le proprie case. Stando agli ultimi dati Onu, sono circa 5,8 milioni gli sfollati nelle province orientali Ituri, Nord Kivu, Sud Kivu e Tanganica.
Ma la Repubblica democratica del Congo è anche un paese ricco di risorse naturali, che potrebbe guidare la transizione energetica globale e contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico. Oltre a essere ricco di coltan, usato nella produzione di dispositivi elettrici, è anche uno dei principali produttori mondiali di rame e cobalto, due metalli chiave per l’industria dei veicoli elettrici e delle energie rinnovabili, e conta anche ricchi giacimenti di oro, petrolio e gas in gran parte non ancora sfruttati. La Repubblica democratica del Congo ospita anche circa due terzi della seconda foresta pluviale tropicale più grande al mondo dopo l’Amazzonia, che ogni anno assorbe centinaia di milioni di tonnellate di anidride carbonica che contribuisce al riscaldamento del clima.
Risorse che potrebbero rendere il paese un motore di crescita regionale, mentre oggi è ancora fonte di instabilità e vittima di interferenze esterne. Chiunque vincerà le elezioni di domani sarà quindi chiamato ad affrontare sfide importanti, prima tra tutte la cessazione dei conflitti nell’est e la pace con il vicino Ruanda, accusato da Kinshasa, ma anche dall’Onu, di sostenere i ribelli del gruppo M23 per depredare le risorse minerarie che si trovano nelle zone orientali del Paese. Accuse sempre respinte da Kigali.
Già un processo elettorale pacifico e trasparente potrebbe favorire un clima di fiducia da parte di alleati e investitori verso le intenzioni di Kinshasa di puntare alla stabilità, e a una migliore governance, per sostenere lo sviluppo e attrarre gli investimenti di cui ha bisogno per sfruttare le sue ricchezze e diventare una potenza continentale. E su questo hanno puntato il presidente uscente e i suoi alleati, che durante la campagna elettorale hanno presentato il voto come una lotta per il futuro stesso del Paese. “Ci stiamo riprendendo il nostro Paese. Questa è la posta in gioco in queste elezioni”, ha detto il ministro delle Finanze, Nicolas Kazadi, al Financial Times.
Le elezioni si svolgeranno in un unico turno: chiunque domani otterrà la maggioranza dei voti sarà il prossimo capo dello Stato, indipendentemente che ottenga o meno più del 50% delle preferenze. Secondo il calendario elettorale, i risultati provvisori sono attesi il 31 dicembre, mentre il giuramento del nuovo presidente si terrà il 20 gennaio.
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