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Roma, 29 mag. (askanews) – Il Messico si prepara domenica a recarsi alle urne per un’elezione presidenziale caratterizzata da una campagna elettorale segnata dalle violenze contro i candidati ma dall’importanza storica: per la prima volta la presidenza andrà infatti a una donna.

Ad affrontarsi sono Claudia Sheinbaum, ex capo del governo del Distretto Federale di Città del Messico e candidata appoggiata dalla coalizione di governo, e Xóchitl Gálvez, senatrice sostenuta da un amplio ventaglio di forze dell’opposizione; terzo incomodo, ma staccatissimo nei sondaggi, Jorge Álvarez Máynez.

Le rilevazioni danno un voto senza troppa storia: Sheimbaum è accreditata di una media del 55% delle preferenze contro il 33% della rivale e il 12% di Máynez e dovrebbe imporsi in tutti i 32 stati della Repubblica federale – in 23 dei quali peraltro governa già la coalizione di governo, il Movimento di Rigenerazione nazionale (Morena).

Per quest’ultimo partito una vittoria alle presidenziali sarebbe la dimostrazione di poter sopravvivere anche all’abbandono del suo principale artefice, l’uscente Andrès Manuel Lopez Obrador, al quale la Costituzione non consente di ripresentarsi -considerato però il mentore di Sheinbaum, che dovrebbe proseguirne le politiche in materia di sviluppo economico e lotta alla corruzione.

Ma chiunque vinca dovrà necessariamente fare i conti con il vicino settentrionale, con l’incognita di non sapere chi sarà il prossimo interlocutore alla Casa Bianca: i dossier in prima linea sono innanzitutto l’immigrazione (molto più importante per Washington che per Città del Messico), i rapporti economici e il traffico di stupefacenti.

La politica di Lopez Obrador è consistita essenzialmente nel gestire il problema migratorio in cambio del silenzio da parte di Washington sulle violazioni degli accordi T-Mec, il trattato trilaterale fra Messico, Usa e Canada che però dovrà venire rinegoziato nel 2026.

Oltre alle presidenziali sono in programma il rinnovo del Congresso federale e ben 20mila cariche elettive che vanno dai governatori ai sindaci – un dato quest’ultimo che spiega le numerose violenze da parte dei cartelli e dei gruppi criminali che intendono estendere o rafforzare il proprio controllo sul territorio tramite l’intimidazione o l’eliminazione dei candidati locali scomodi.

Per quelle che saranno quindi le elezioni più imponenti della storia del Paese – oltre 98 milioni di aventi diritto al voto – il governo ha mobilitato oltre 260mila effettivi fra esercito e Guardia nazionale.

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