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Milano, 10 ott. (askanews) – Con una guerra da un anno e mezzo alle porte, un terremoto ai vertici dell’esercito polacco e un mondo attonito per quanto accade in Medio Oriente, Varsavia è a un bivio mentre si prepara a un appuntamento alle urne i cui sviluppi interessano non solo il Paese: domenica 15 ottobre, in Polonia si terranno le elezioni parlamentari e un referendum. E come sottolinea la Cnn, si tratta di “un’elezione cruciale. Il suo esito si ripercuoterà su Europa, Ucraina e Stati Uniti”.
Si vota dalle 7 alle 21, per il Sejm (Dieta, ovvero la Camera Bassa) e il Senato della Repubblica. La campagna elettorale si conclude alla mezzanotte del 13 ottobre. Il partito conservatore Diritto e Giustizia (PiS) – che attualmente governa con il sostegno di alcuni partiti populisti più piccoli – spera di vincere un terzo mandato consecutivo e formare il prossimo governo del paese. Gli si oppone una coalizione di partiti centristi guidata da Donald Tusk, ex primo ministro polacco ed ex presidente del Consiglio europeo, che cavalca un aspetto inoppugnabile: la svolta illiberale durante gli otto anni di governo del PiS ha fatto sì che il paese – un tempo considerato un modello di democrazia post-sovietica – perdesse amici in Occidente.
SONDAGGI
C’è un tendenza sfavorevole nei sondaggi d’opinione del PiS, anche se probabilmente vincerà: il suo sostegno è diminuito, in parte a causa dei suoi precedenti in materia di diritti delle donne e stato di diritto. E va detto che, anche se il PiS sarà al primo posto, alcune indagini demoscopiche indicano la possibilità di formare un governo di maggioranza da parte dell’opposizione tradizionale. Mentre nel caso di un risultato ambiguo, si potrebbe aprire un pertugio e l’estrema destra per trarne vantaggio. E in particolare un partito di estrema destra, la Confederazione, che si scaglia contro l’assistenza economica fornita ai rifugiati ucraini in Polonia: quest’anno il gruppo ha ottenuto sostegno in molte delle roccaforti rurali del PiS, e i funzionari governativi hanno risposto inasprendo il tono nei confronti di Kiev.
DIBATTITO, ASSENZA E DUELLO
Quasi alla fine di una campagna elettorale feroce, lunedì 9 ottobre si è tenuto sulla tv nazionale il duello preelettorale che ha visto contrapporsi il primo ministro Mateusz Morawiecki (PiS), il leader Piattaforma Civica (in polacco: Platforma Obywatelska, PO) Donald Tusk, e altri esponenti come Joanna Scheuring-Wielgus (Nuova sinistra) o Szymon Holownia di Trzecia Droga, coalizione centrista-agraria, nonché il co-leader del partito di estrema destra della Confederazione (per esteso Confederazione Libertà e Indipendenza) Krzysztof Bosak.
Tusk, che è il principale obiettivo di screditamento nella campagna elettorale di Diritto e Giustizia, si è presentato agli elettori come “uno di voi”, ma troppo teso e per questo incapace di vincere il dibattito. Ma nemmeno Morawiecki ha trionfato, davanti a un pubblico stanco dei suoi continui attacchi.
Già nei giorni scorsi la provocazione di Tusk era: “Jarek, dove ti nasconti?” E lunedì sera, il presidente del partito conservatore, Jaroslaw Kaczynski si teneva a distanza, a Przysucha, cittadina di 6.000 anime e una delle roccaforti rurali del PiS. Secondo alcuni per cancellare l’impressione che avesse paura del confronto con Tusk, che aveva ampiamente annunciato la sua apparizione in Tv e aveva sfidato il suo rivale a un duello mediatico. Ma ciò che ha lasciato perplessi gli elettori polacchi è stata la mancanza di riferimenti alla questione dei rifugiati nel discorso di Kaczynski a Przysucha. O il non aver detto nulla sulla guerra in M.O.. Forse non sa ancora come commentare, qualcuno sospetta, soprattutto nel contesto della paventata ondata di profughi palestinesi in Europa. Il finale di inizio settimana è stata una sfida a duello da parte di Tusk, che rivolgendosi al primo ministro uscente, ha detto: “Per favore, vieni con Jaroslaw Kaczynski, potete essere in due, possiamo tenere un dibattito con tutti i media, sono aperto a qualsiasi proposta, ti aspetterò venerdì in qualunque posto tu scelga”.
TUSK, L’UCRAINA E LA RUSSIA
Tusk è stato oggetto di intensi attacchi da parte dei media statali che lo dipingono come un burattino in mano alla Germania che rappresenta gli interessi di un’arrogante élite urbana e per aver concluso accordi sul gas con la Russia durante il suo periodo come primo ministro. Accusato di essere un codardo per non aver visitato l’Ucraina mentre sta combattendo l’aggressione della Russia. Ma Kiev e la sua guerra è un tema complesso e trasversale in questo contesto elettorale, a fronte di una progressiva stanchezza nei confronti del tema stesso da parte dell’elettorato.
Varsavia è stato un importante fornitore di armi per l’Ucraina e rimane un paese chiave per il trasferimento di armi ed equipaggiamenti militari occidentali a Kiev. Tuttavia la recente polemica giunta sino a livello di capi di stato e di governo dei due Paesi confinanti, sul grano (apparentemente risolta) e sulla fornitura di armi, scopre chiaramente crepe che non riguardano solo la stanchezza. Il governo polacco ha sempre più preso di mira l’Ucraina con una forte retorica, in particolare sulle importazioni di grano ucraino che, a suo dire, indebolirebbero gli agricoltori polacchi, ma anche sulla fornitura di armi occidentali e sui tentativi di Kiev di aderire alla NATO e all’UE.
A questo si aggiunge l’odio che divide i due leader di partito: Kaczynski accusa Tusk di essere “moralmente responsabile” della morte del gemello Lech nello schianto dell’aereo presidenziale a Smolensk, in Russia nel 2010 (all’epoca Tusk era premier e venne accusato dal PiS di negligenze).
“PROFONDA DESTABILIZZAZIONE DEL SISTEMA DI COMANDO”
“Un momento terribile per la nostra sicurezza” titola il settimanale Polityka. E nel commentare le informazioni sulle dimissioni del capo di stato maggiore dell’esercito polacco, generale Rajmund Andrzejczak, e del comandante operativo delle forze armate, tenente generale Tomasz Piotrowski, riportate per la prima volta dal quotidiano Rzeczpospolita, Polityka aggiunge: “c’è stata troppa commistione tra politica e militari in questa campagna elettorale e queste dimissioni stanno alimentando questo fenomeno”. Ovviamente la questione della guerra in Ucraina non è estranea alla vicenda.
Si dice che il terremoto ai vertici derivi proprio da scontri interni derivati da un dissidio tra il ministro della Difesa nazionale, Mariusz Blaszczak e Piotrowski. “Forse i generali sapevano che Blaszczak avrebbe ‘fatto qualcosa’, perché durante la campagna elettorale ha oltrepassato i limiti di ciò che era consentito” aggiunge il settimanale. E infine: “In ogni caso, oggi ci troviamo in una situazione di profonda destabilizzazione del sistema di comando dell’esercito polacco. Si può addirittura parlare di una guerra in cui le vittime non sono solo gli ufficiali, ma anche il senso di sicurezza dei polacchi”.
(di Cristina Giuliano)
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