X
<
>

Share
2 minuti per la lettura

Venezia, 20 apr. (askanews) – Un’esperienza sonora che riempie i vuoti, colma gli spazi e apre prospettive più ampie sull’idea di arte. Il Padiglione Italia alla 60esima Biennale d’arte di Venezia è un progetto profondo, che ci porta ad accorgerci di come l’ascoltare sia anche una forma di tensione verso l’altro. Il progetto “Due qui / To Hear” è stato curato da Luca Cerizza e realizzato dall’artista Massimo Bartolini.

“Le persone – ha detto Bartolini ad askanews – capiscono che sono loro che compongono la mostra con la propria posizione, con il loro modo di starci dentro: se qualcuno parla il suono scompare, quindi uno tace, spostandosi all’interno dello spazio privilegia ed esalta certe note invece di altre, è quasi un compositore estemporaneo”.

L’installazione occupa tutti gli spazi dell’enorme padiglione italiano, compreso il giardino e lascia al visitatore la libertà di agire all’interno del panorama multisensoriale che si crea e modifica di continuo grazie alla relazione, all’interazione tra pubblico e opera. Le suggestioni della storia italiana, dalla musica all’architettura barocca dei giardini, si intrecciano con le filosofie orientali, creando uno spazio altro, accogliente, che suggerisce una parola come “spiritualità”.

“Secondo me non c’è familiarità con lo spirituale – ha aggiunto Bartolini – ovvero quando se ne parla, lo spirituale viene assorbito da dei santoni, o dalla New Age o dalla religione. Non c’è educazione allo spirituale. In realtà lo spirituale è la condizione che tutti condividiamo e non sappiamo di condividere”.

Si capisce, anche dalle parole dell’artista, che siamo davanti a un progetto sottile e rarefatto, a volte straniante, ma anche denso di potenzialità. Che se rinuncia alla presenza di “immagini”, cosa che ha infastidito molti benpensanti, accetta invece di pensare all’arte da prospettive diverse, inserendosi in questo modo nel più ampio discorso sugli “Stranieri ovunque” del titolo della Biennale. E, come ci ha detto il curatore Cerizza, la vita del Padiglione va anche oltre l’installazione.

“È importante pensare che il progetto – ha spiegato – non si esaurisce in queste stanze già molto molto ampie, ma andrà avanti attraverso un ricchissimo Public Program, cosa abbastanza inedita per il padiglione italiano, strutturato in quattro appuntamenti di due giorni a metà maggio, metà giugno, metà luglio e metà settembre, che vuole approfondire quattro grandi temi legati all’ascolto, ma ovviamente anche al lavoro di Massimo Bartolini”.

Il Padiglione Italia è promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del ministero della Cultura e rappresenta, nel momento in cui ci invita anche ad ascoltare noi stessi, un modo per comprendere la posizione dell’individuo nel mondo e nella serie di relazioni che si stabiliscono all’interno della società.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE