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Milano, 18 lug. (askanews) – Chi vive a Odessa, soprattutto nella zona del porto, ha assistito la scorsa notte a uno dei più pesanti bombardamenti dall’inizio della guerra. E’ la rappresaglia russa per l’attacco al ponte di Crimea, che ha provocato il crollo di una parte della struttura. E che segnala però un “segno di impotenza” dei russi nel controllo del Mar Nero. E’ questa l’analisi di Ugo Poletti, il direttore dell’Odessa Journal, che ha vissuto ieri notte nella città ucraina “uno degli attacchi più impressionanti” dall’inizio della guerra. “Siamo stati bombardati dalle prime ore del mattino, sono iniziati alle 2. Sulla città stati contati 21 droni e sei missili Kalibr, che hanno preso di mira la zona del porto – racconta ad Askanews – I muri di casa tremavano”.
Secondo Poletti, gli attacchi di ieri notte costituiscono “una minaccia ma sono in qualche modo anche un segno di impotenza: se all’inizio del conflitto i russi erano i padroni del mare, ora non lo sono più”, cioè “non sono più quella componente che un anno fa minacciava e a cui bisognava chiedere il permesso di attraversamento del Mar Nero. Oggi per attraversare il Mar Nero non bisogna più chiedere il permesso ai russi”. Sarebbe questo per il giornalista italiano – che è anche autore del saggio “Nel cuore di Odessa”, edizioni Rizzoli – il vero motivo per cui i russi hanno disconosciuto l’accordo sul grano, cioè la protezione del corridoio per esportare frumento, mais e girasole nei Paesi che li richiedono.
L’accusa di Mosca, che ha parlato di “attacco di ritorsione” è che l’Ucraina avrebbe utilizzato il corridoio del grano per scopi militari. Una motivazione, secondo Poletti, che serve a giustificare “i missili di stanotte sul porto e che si traduce in minaccioso messaggio: ‘Non siete più sotto la nostra protezione, adesso possiamo minacciarvi perché avete violato il patto'”. In altre parole, i russi “escono da un patto in cui non sono ormai più una controparte essenziale, perché mentre all’inizio della guerra navi russe affondavano navi mercantili e alcune le hanno catturate, ora non sono più in grado di minacciare. Oggi per attraversare il mar nero non bisogna più chiedere il permesso ai russi”. E’ il “cattivo che non fa più paura e che allora cerca di farti un dispetto”.
Oggi l’interrogativo è su che cosa decideranno di fare gli armatori e le compagnie di spedizione e cioè se riprenderanno il mare con carichi diretti verso Paesi esteri. Di sicuro, afferma Poletti, “non verranno toccate le navi che esportano verso la Cina. E probabilmente in altri Paesi di paesi diplomaticamente imporanti per i russi, come l’Egitto, il Sudafrica e lo stesso Israele, così come fondamentali per l’export di mais e girasole sono l’India e la stessa Cina. “Nei prossimi giorni vedremo quanto il fallimento dell’accordo inciderà sul fatto che il commercio continuerà lo stesso”, conclude Poletti.
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