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Washington, 9 lug. (askanews) – Avere un italiano come Rappresentante speciale del segretario generale Nato per il Sud. E’ questo uno degli obiettivi che Giorgia Meloni vuol raggiungere al vertice di Washington. La premier, secondo quanto si apprende, è fiduciosa di poterlo ottenere, battendo la concorrenza di Spagna e Francia. Del resto l’attenzione al Sud globale, in particolare all’Africa, è da tempo uno dei cavalli di battaglia del governo, ribadito anche ieri nella serata americana. L’introduzione della figura del rappresentante, così come gli accordi con alcuni partner, sono “la dimostrazione di come l’Alleanza sappia immaginare il suo ruolo in un sistema complesso”, ha detto Meloni parlando con i cronisti al suo arrivo in hotel nella capitale Usa.
Oggi, prima della cerimonia ufficiale per la celebrazione dei 75 anni dell’Alleanza, la presidente del Consiglio ha fatto un po’ di attività fisica nella palestra dell’hotel e si è dedicata per alcune ore alla figlia Ginevra, con cui ha visitato alcune attrazioni della città. Poi da domani i lavori entreranno nel vivo. Tra i temi, naturalmente, ci sarà la questione ucraina, che ha assunto particolare drammaticità dopo il bombardamento russo sull’ospedale pediatrico di Kiev. Un atto “spaventoso” per la premier, secondo cui l’attacco offre la dimensione della “reale volontà” di Vladimir Putin di trovare una soluzione pacifica, al di là della “propaganda”. Certo è, a questo proposito, che creano imbarazzo, soprattutto nell’Ue, le mosse di Viktor Orban, che appena assunta la presidenza dell’Unione è corso a Mosca e poi a Pechino, senza alcun mandato di Bruxelles. Un’iniziativa su cui, a Washington, i leader potrebbero chiedergli spiegazioni. La stessa Meloni ha raffreddato i rapporti con il premier ungherese dopo la creazione del gruppo dei ‘Patrioti’ che però – per lei – non può essere definito “filo-putiniano”.
Tra gli altri argomenti in discussione, l’ormai annosa questione del contributo alla Nato. La soglia del 2% del Pil (che dovrebbe essere raggiunta nel 2024 da due terzi dei 32 Paesi alleati) è ancora lontana, con l’Italia che spende circa l’1,5%. La road map stabilita dal governo Draghi prevede il raggiungimento dell’obbligo entro il 2028. Un impegno che Meloni, secondo quanto si apprende, dovrebbe confermare e che peraltro è ritenuto particolarmente importante nel caso di una vittoria di Donald Trump e di un possibile minore impegno degli Usa. Il tycoon, nei mesi scorsi, aveva ‘minacciato’ gli inadempienti, dicendo – nella sostanza – che si sarebbero difesi da soli in caso di attacchi.
A margine dei lavori ci sarà spazio anche per incontri bilaterali, che però al momento non sono stati ancora fissati. La giornata di domani si concluderà con il ricevimento offerto dal presidente Usa Joe Biden, osservato speciale in questi giorni per il ‘pressing’ di media e di parte dei Dem per un ritiro dalla competizione elettorale. Non dovrebbe essere presente ai lavori un altro leader in questi giorni sotto pressione: Emmanuel Macron, infatti, potrebbe rimanere in Francia, impegnato nella ricerca di una soluzione al rebus per la formazione di un governo. Anche del voto francese Meloni ha parlato al suo arrivo a Washington, dicendosi convinta che “nessuno ha vinto le elezioni” e sottolineando invece che l’Italia ha “un governo molto solido in un’Europa in cui ci sono governi molto instabili”.
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