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Roma, 8 giu. (askanews) – Giorgia Meloni ha definito il voto un “referendum” su due idee di Europa ma il modo in cui ha interpretato la campagna elettorale fa pensare a una tornata vissuta anche come una consultazione su di lei, a poco più di un anno e mezzo dal suo arrivo a Palazzo Chigi.
Dopo qualche tentennamento iniziale, la leader Fdi ha deciso di correre in prima persona e anche se ripete di aver fatto “solo una manifestazione elettorale”, quella di sabato primo gennaio, non si è risparmiata. Nell’ultimo mese ha moltiplicato le apparizioni televisive, i messaggi social e accelerato alcuni dossier: tra gli altri l’inaugurazione del nuovo centro sportivo di Caivano (con la ‘trovata’ del saluto a Vincenzo De Luca); il decreto per il taglio delle liste di attesa della sanità; il viaggio in Albania per il completamento dell’hotspot di Shenjin, che però per essere attivo dovrà attendere il completamento del Cpr di Gjader. Uno “spot elettorale”, per l’opposizione, a cui lei ha replicato che “non posso sospendere l’attività di governo”.
Polemiche a parte, Meloni (che sulla scheda ha chiesto di votare semplicemente “Giorgia”) ha più volte sottolineato la necessità, per lei, di sentire il sostegno dei suoi elettori, di confermare il “consenso” che l’ha portata a Palazzo Chigi. La soglia minima che ha dichiarato, quella del 26% conquistata alle politiche 2022, appare alla portata, l’obiettivo è comunque mostrare che nonostante la necessità di governare in un momento complesso e con scarse risorse la sua leadership non è stata intaccata, non ha perso terreno, né nei confronti degli avversari (con un Pd dato in ripresa) né, soprattutto, degli alleati. In questo senso la campagna elettorale ‘aggressiva’ di Matteo Salvini e della Lega ha creato qualche nervosismo (ultimo caso l’attacco al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per il 2 giugno), così come l’ha fatta arrabbiare lo ‘scivolone’ sul redditometro del fedelissimo Maurizio Leo.
Domani sera si vedrà come è andata e si capirà se ci saranno riflessi sul governo, anche in virtù del risultato di Lega (con Salvini che ha scommesso sul fattore Vannacci, anche contro molti ‘senatori’ del partito) e di Forza Italia. Fonti di governo ritengono “improbabile” – comunque vada – che ci possano essere ripercussioni immediate: la prossima settimana, a Borgo Egnazia, è in programma il summit G7 e tutti i riflettori saranno puntati su di lei, la terza donna a presiederlo dopo Margaret Thatcher e Angela Merkel. Poi Meloni volerà subito in Svizzera per la conferenza di pace sull’Ucraina, e quindi a Bruxelles, per la cena dei leader che avrà al centro la trattativa sui ‘top jobs’ della nuova legislatura europea. Un dossier che non sarà facile per la presidente del Consiglio, che ha sempre ripetuto, in campagna elettorale, di puntare a una maggioranza di centrodestra a Bruxelles. I sondaggi, però, sembrano tutti concordare per uno scenario che porti a una nuova maggioranza Ursula, forse però senza la stessa von der Leyen alla guida della Commissione. In questo caso la premier – che dovrebbe anche lasciare la guida di Ecr – dovrà decidere come schierarsi. Pochi giorni e, a fine mese, sarà di nuovo a Bruxelles per il primo Consiglio europeo dopo il voto. Anche l’agenda di luglio è già piena di impegni internazionali: il vertice Nato a Washington, la riunione della Comunità politica europea vicino a Oxford, probabilmente il viaggio a Pechino a fine mese. Un tour de force che, in qualche modo, dovrebbe avere l’effetto di ‘congelare’ la situazione dell’esecutivo da qua alle ferie estive.
A settembre, però, potrebbe partire il rimpasto, a maggior ragione se un ministro dovesse essere ‘promosso’ a commissario europeo (Giancarlo Giorgetti ne sarebbe felice, anche Francesco Lollobrigida ci spererebbe, Antonio Tajani può essere una carta mentre Raffaele Fitto è considerato ‘incedibile’) o se ci dovessero essere sviluppi nella vicenda giudiziaria di Daniela Santanchè. In quel caso sarà però un lavoro molto complesso: toccare l’assetto del governo significherebbe infatti modificare un equilibrio delicato, soprattutto alla vigilia di una manovra di bilancio che tra ristrettezze economiche e nuovi parametri europei sarà un passaggio da far tremare i polsi.
Un problema che però non potrà essere rimandato è quello della Regione Liguria. Meloni ha evitato accuratamente di essere tirata dentro la partita, affermando che spetta al governatore Giovanni Toti – in custodia cautelare ai domiciliari – decidere se dimettersi. Ma difficilmente la linea dell’attesa potrà andare avanti ancora a lungo e non sarà semplice gestirla evitando frizioni dentro il centrodestra.
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