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Pesaro, 20 gen. (askanews) – Identità di Paese che si fa “inimitabile” e “attraente” grazie alla “pluralità delle culture” che la compongono, “radici” da preservare inquadrandole, però, in quella “coesione sociale” che è alla base “del nostro patto costituzionale”. Sergio Mattarella arriva alla Vitrifrigo Arena accolto dalla standing ovation degli ottomila che partecipano alla cerimonia per l’avvio – tra inno nazionale, inno europeo ed overture da “La Gazza Ladra” di Gioacchino Rossini, pesarese doc – dell’anno che vede Pesaro capitale italiana della cultura.

Ci sono duemila studenti che applaudono, cento sindaci, duecento giornalisti accreditati. Il sindaco Dem Matteo Ricci parla con orgoglio del traguardo-punto di partenza raggiunto dalla città e non resiste a una stoccata sull’attualità che vede il ddl Calderoli sull’autonomia all’esame del Senato: “L’Italia non è solo le grandi città, l’Italia in questo momento storico va ricucita e non differenziata”. Si tiene lontano dall’agone politico, invece, il governatore della Regione, Francesco Acquaroli, che si limita a elogiare il riconoscimento del valore delle Marche.

Quando tocca a lui tirare le fila della manifestazione, condotta da Paolo Bonolis che “torna” per l’occasione sulle reti Rai, Mattarella sceglie di coniugare la parola cultura con l’aspirazione alla pace. E’ “una stagione difficile”, “drammatica”, “l’uomo – osserva il capo dello Stato – sembra proteso a distruggere quel che ha costruito, a vilipendere la propria stessa dignità”. Così l’Europa si ritrova con la guerra alle porte di casa e sono “guerre che ci riguardano” perché la pace sta nel Dna stesso dell’Ue, “tornata a vivere con la pace e nella pace” generando “libertà ed uguaglianza”. Ecco perché la pace chiama “alla responsabilità i governanti”, “le comunità e le persone non meno degli Stati”.

Proprio la cultura – una cultura che, puntualizza Mattarella, “è libera da ogni ideologia” e “mai separata dalla vita quotidiana e dall’insieme dei diritti e dei doveri scanditi dalla Costituzione” – “è lievito che può rigenerare la pace” e con essa i “valori umani” che le guerre annegano “nell’odio, nel rancore, nella vendetta indotti dagli estremismi nazionalistici”. Una cultura quindi che “non sopporta restrizioni e confini”, che rispetta le opzioni di ogni cittadino e, in una società globalizzata e in qualche modo dominata dal manicheismo dei social, “respinge la pretesa, sia di pubblici poteri o di grandi corporazioni, di indirizzare le sensibilità verso il monopolio di un pensiero unico”. Non c’è posto, insomma, nella cultura che aspira alla pace e all’uguaglianza per nazionalismi, steccati o rivendicazione di “radici” usate per dividere e non per unire.

E tornano preziose, in questa visione, le parole che Mariangela Gualtieri, una delle maggiori voci della poesia contemporanea, recita sul palco di Pesaro 2024: “Ringraziare desidero perché sono tornate le lucciole/ e per noi, per quando siamo ardenti e leggeri/ per quando siamo allegri e grati/ per la bellezza delle parole, natura astratta di Dio/ per la lettura, per la scrittura che ci fanno esplorare noi stessi e gli altri/ per la quiete della casa/ per i bambini che sono nostre divinità domestiche”.

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