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Roma, 5 set. (askanews) – È il giorno delle carte bollate: non proprio in senso letterale, non ufficialmente, almeno, ma è una diffida legale in piena regola quella che Beppe Grillo recapita in mattinata a Giuseppe Conte via social network e blog. Senza lesinare sulle maiuscole, il fondatore del Movimento 5 stelle comunica al presidente dello stesso che intende “esercitare i diritti che lo Statuto mi riconosce in qualità di Garante, ossia custode dei Valori fondamentali dell’azione politica del MoVimento 5 Stelle. E quindi, secondo quanto afferma l’art. 12, lettera a) numero 2, ribadisco che ci sono degli elementi imprescindibili del Movimento 5 Stelle che devono restare tali affinché il Movimento possa ancora dirsi tale: il nome, il simbolo e la regola dei due mandati”.
Lo scontro sul “processo costituente” si inasprisce, quindi, e Beppe Grillo, che aveva già dovuto fare i conti con l’indisponibilità del leader attuale del Movimento ad accettare paletti e restrizioni sulla strada che dovrà portare all’evento finale, l’assemblea costituente del 19 e 20 ottobre, sceglie la strada del veto, chiarendo che intende farla valere formalmente, cioè giuridicamente. “Mossa della disperazione, sembra quasi uno che sta andando a depositare una causa legale”, commenta un parlamentare “contiano” di antica fedeltà. Un’altra fonte 5 stelle a Montecitorio ironizza sull’immagine “di azzeccagarbugli che una volta Grillo affibbiava a Conte, mentre oggi lui si aggrappa a regole statutarie per portare avanti questo suo potere padronale sul Movimento”. “Un segnale fortissimo, scende a Roma e non incontra Conte”, è invece la lettura che si raccoglie in ambienti più vicini a Grillo. Già, perché Grillo ha passato 24 ore a Roma, ma i tempi della processione dei “big” del M5S all’hotel romano che usa come campo base sono lontani, e oggi in zona Fori imperiali viene avvistato per pranzo il solo Elio Lannutti, ex senatore espulso a suo tempo dal M5S per essersi rifiutato di votare la fiducia al governo Draghi.
Le tavole della legge a 5 stelle, nell’articolo 12 richiamato da Grillo, dicono in effetti che il Garante “ha il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme del presente Statuto”. Tuttavia, il famoso limite massimo dei due mandati elettivi, principale oggetto del contendere, perché cancellarlo aprirebbe la strada, secondo Grillo, alla politica “professionale” che renderebbe il M5S uguale ai partiti contro i quali era stato costituito, non fa parte dello Statuto ma del codice etico, quindi non rientra, dicono negli ambienti ufficiali dei 5 stelle, fra le competenze del garante. Inoltre, in una recente intervista al Corriere della sera Alfonso Colucci, deputato e responsabile dell’area legale del M5S, sosteneva che nome e simbolo sono dell’Associazione M5S e che “Beppe Grillo in forza di specifici obblighi contrattuali – coperti da riservatezza e che non si riferiscono al contratto da 300 mila euro per la comunicazione che il M55 gli paga ogni anno – ha espressamente rinunciato a ogni contestazione relativa all’utilizzo sia del nome e sia del simbolo del M5S, come modificati o modificabili in futuro dall’Associazione”.
Tuttavia, l’operazione lanciata da Conte, secondo il giudizio inappellabile di Grillo, non è “un’opera di rinnovamento, ma un’opera di abbattimento, per costruire qualcosa di totalmente nuovo, che nulla ha a che spartire con il MoVimento 5 Stelle”.
Conte stavolta sceglie di non replicare direttamente, aveva parlato mercoledì. Il ragionamento che si fa nella sede di Campo Marzio, fortino dell’ex presidente del Consiglio, è legato ai buoni risultati della “fase di ascolto”, primo passo del “processo costituente”, con i 15mila contributi scritti già arrivati sul portale dedicato, dei quali si è vantato ieri Conte in una intervista a Fanpage. C’è stupore quindi, per Grillo che parla di “bivio” per gli iscritti, cioè evoca una scissione proprio mentre si è alla vigilia di un passaggio così importante e finora partecipato, che dovrebbe rilanciare invece l’unità del Movimento. Pubblicamente si espone qualcuno dei più in vista fra i “contiani”, come Riccardo Ricciardi, uno dei vicepresidenti del M5S, che taglia corto: “Le risposte alle questioni che pone Grillo, come il simbolo e il doppio mandato, arriveranno nell’assemblea costituente. Non sarà certamente lui a decidere”;
o come la senatrice Alessandra Maiorino, che parla di Grillo “padre-padrone che vuole uccidere il Movimento”.
Ma se le questioni legali non sono così chiare, e l’opposizione di Grillo alla liberalizzazione dei mandati elettorali raccoglie, non è un segreto, pochi consensi nei gruppi parlamentari e non troppo entusiasmo neppure fra gli attivisti, quale può essere il punto d’approdo della battaglia Grillo? “Di avere pochi parlamentari – racconta chi lo conosce bene e fa il tifo per lui – Beppe non si preoccupa, se decide di andare avanti punterà sulla democrazia diretta come quella delle origini e non avrà paura di ricominciare da zero, come Movimento 5 stelle, visto che la roba di Conte ormai è un’altra cosa che non ha nulla a che vedere con la sua creatura. Certo, dovrà affidarsi a qualcuno per la parte organizzativa, che non è mai stata il suo forte. Ma attenzione: non escluderei che punti invece a ritirare il simbolo e chiuderlo in un cassetto. Non per fare un altro partito ma per mettere fine all’esperienza”.
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