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Roma, 10 lug. (askanews) – Con 227.975 imprese e 1.040.172 di occupati, l’economia del mare in Italia genera un valore aggiunto diretto pari a 64,6 miliardi di euro, che, considerando anche “il valore attivato” nel resto dell’economia, raggiunge i 178,3 miliardi di euro, pari al 10,2% del Pil nazionale. Sono le stime del XII Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare a cura di Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare Ossermare, Centro Studi Tagliacarne – Unioncamere, Informare, Camera di commercio Frosinone Latina e Blue Forum Italia Network, presentato questa mattina a Roma, secondo quanto riporta un comunicato presso la Sala Longhi di Unioncamere alla presenza del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci.

Un settore in netta crescita in ogni suo aspetto, dice lo studio. Cresce il valore aggiunto diretto con un +15,1%, pari a due volte la crescita media italiana si ferma al 6,9%.
Cresce il valore aggiunto complessivo di quasi un punto percentuale rispetto a quanto rilevato dall’XI Rapporto del 2023. Cresce il moltiplicatore, pari quest’anno a 1,8, a fronte dell’1,7% della scorsa rilevazione. Ossia per ogni euro speso nei settori direttamente afferenti alla filiera mare se ne attivano altri 1,8 nel resto dell’economia.

Crescono gli addetti, con un aumento occupazionale del 6,6%, pari a quasi quattro volte quello registrato nel Paese (1,7%).
Rimane, invece, stabile il numero delle imprese. Come ogni anno, la dodicesima edizione del Rapporto, punto di riferimento nazionale ed europeo nella definizione del valore della Blue Economy italiana, ha messo sotto la lente di ingrandimento i diversi settori che compongono la forza produttiva “blu”: le filiere dell’ittica e della cantieristica, i servizi di alloggio e ristorazione, le attività sportive e ricreative, l’industria delle estrazioni marine, la movimentazione di merci e passeggeri, la ricerca, regolamentazione e tutela ambiente.

All’evento di presentazione, moderato da Nunzia De Girolamo, sono intervenuti: il presidente di Unioncamere Andrea Prete, il presidente di Assonautica Italiana, Si.Camera e Camera di Commercio Frosinone Latina Giovanni Acampora, il direttore generale del Centro Studi Tagliacarne Gaetano Fausto Esposito, il Coordinatore dell’Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare Ossermare Antonello Testa.

“La blue economy si caratterizza come uno dei settori trainanti della nostra economia con una forte connotazione imprenditoriale. Ne è una dimostrazione l’incremento della base d’impresa che è aumentata nell’ultimo biennio dell’1,5% contro una contrazione di quasi due punti di quella complessiva, con una maggiore presenza di imprenditorialità giovanile e femminile”, ha sottolineato Andrea Prete, appena riconfermato presidente di Unioncamere, che ha aggiunto “al contempo l’economia del mare rappresenta una delle filiere in cui più forte è la crescita dell’attenzione al digitale e al green. Ecco perché il sistema camerale, che già nel passato ha dato forte enfasi all’economia blu, dedicherà nei prossimi anni un crescente impegno alle imprese di questo settore attraverso policy mirate sempre più inserite nel quadro delle priorità europee”.

“Il nostro Rapporto nazionale” – ha dichiarato Giovanni Acampora, Presidente Assonautica Italiana, Si.Camera e Camera di Commercio Frosinone Latina – “è diventato il documento di riferimento del sistema mare italiano, perché offre un’analisi puntuale del valore e del peso dell’Economia blu del nostro Paese, che mettiamo a disposizione di tutti: operatori del settore, Istituzioni, associazioni, imprese e dell’intero cluster del mare. Si tratta di un elemento imprescindibile per dare la giusta importanza alla Blue Economy italiana e affermare la sua leadership nel contesto euro-mediterraneo, in linea con il lavoro che stiamo portando avanti con il Piano del mare”.

“In un Paese che è al primo posto in Europa tra le grandi economie per rapporto coste/superficie, la blue economy si caratterizza per essere “controcorrente” non solo perché ottiene risultati in termini di sviluppo e di occupazione superiori rispetto a quelli dell’economia complessiva, ma anche perché la crescita del valore aggiunto e degli occupati nel Mezzogiorno è stata di oltre due punti superiore a quella media italiana, grazie in particolare alle ottime performances del turismo”. Lo ha detto Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, secondo il quale “resta comunque da evidenziare che sia la produttività della filiera blu che la capacità di moltiplicare le risorse è inferiore nel Meridione, e che se entrambi i valori fossero allineati a quello dell’Italia settentrionale ci sarebbe un incremento di valore aggiunto locale di circa ulteriori 15 miliardi, pari a più di un quarto dell’attuale complessiva produzione blu al Sud”.

Secondo Antonello Testa, Coordinatore dell’Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare Ossermare: “L’Economia del mare italiana conferma il suo trend di crescita superando i 178 miliardi di euro di valore aggiunto. I dati confermano la leadership dell’Italia in Europa, a differenza di quanto registrato dal EU Blue Economy Report 2024 che ci colloca al 4° posto come valore aggiunto dopo Germania, Francia e Spagna, guardando a un perimetro diverso dal nostro. La sfida dell’Italia si vince solo avendo la piena conoscenza dello scenario marittimo in cui ci muoviamo e della sua evoluzione in modo rapido e puntuale ed è quello che noi istituzionalmente, insieme al Centro Studi delle Camere di commercio G. Tagliacarne – Unioncamere, facciamo da più di dieci anni”.

Le imprese giovanili in Italia sono pari al 9,0% dell’economia blu, le imprese femminili al 22,4% e le imprese straniere al 7,4%. Secondo l’analisi la top 5 per incidenza del valore aggiunto dell’Economia del mare sul totale dell’economia territoriale vede a livello regionale: Liguria (11,9%), Friuli-Venezia Giulia (7,2%), Sardegna (7,1%), Lazio (6,0%) e Sicilia (5,7%).
A livello provinciale: Trieste (18,9%), Livorno (17,6%), La Spezia (16,8%), Gorizia (13,7%) e Rimini (13,0%).

Il Sud Italia consolida il suo primato di area a maggiore produzione di valore aggiunto con quasi 21 miliardi di euro di produzione diretta, pari a circa un terzo dell’intero “prodotto blu” nazionale.
Lo stesso vale per l’occupazione, concentrata per oltre il 37% al Sud, nonché per le imprese, che addirittura superano nel Mezzogiorno le 111 mila unità, oltre il 48% dell’intera base imprenditoriale blu del Paese.
Più basso invece il moltiplicatore pari all’1,6, a fronte del 2 del Nord-Est, dell’1,9 del Nord-Ovest e dell’1,7 del Centro.

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