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Bruxelles, 16 ott. (askanews) – ‘Quella sull’immigrazione sarà la discussione più delicata’ tra i capi di Stato e di governo al Consiglio europeo che comincerà giovedì mattina, e non è affatto scontato che sia approvato (all’unanimità, come richiesto) il paragrafo delle conclusioni del vertice relativo a questo tema.

Lo hanno riferito fonti del Consiglio a Bruxelles, rilevando che i punti controversi sono almeno quattro: il pieno sostegno al nuovo Patto sull’immigrazione e l’asilo, approvato definitivamente alla fine della scorsa legislatura europea, e di cui la Commissione e diversi Stati membri vorrebbero ora anticipare l’attuazione, che richiederebbe normalmente due anni; una revisione profonda della proposta di direttiva sui rimpatri, bloccata dal 2018 e mai approvata; una revisione della definizione di ‘paese terzo sicuro’ dove i migranti a cui è stato negato l’asilo possano essere rinviati; e infine le ‘nuove strade’ o i nuovi modi (‘new ways’ in inglese) di gestire l’immigrazione irregolare, che comprenderebbero anche la cosiddetta ‘esternalizzazione’, ovvero il concetto di ‘hub per i rimpatri’ situati fuori dall’Ue, in paesi terzi legati all’Unione da accordi specifici (dove quello tra Italia e Albania sarebbe uno dei modelli possibili).  

‘Ciò che abbiamo visto negli anni è che il dibattito sull’immigrazione si è chiaramente evoluto in una certa direzione, a destra, direi. Non sono sicuro che si possa dire, ma è chiaramente ciò che vediamo’, hanno osservato le fonti del Consiglio, ricordando che ‘alcuni anni fa, quando si discuteva di immigrazione, era impossibile parlare di finanziamento delle infrastrutture (la costruzione di muri, ndr) per proteggere i confini; ora non dirò che questo sia ampiamente accettato, ma non è più in discussione’.

‘Avremo importanti dibattiti su ciò che deve essere realizzato’ riguardo alla gestione dell’immigrazione irregolare, ma ‘ci sono opinioni diverse’ tra i gli Stati membri: ‘Alcune delegazioni insistono sull’attuazione anticipata di certe parti del Patto migratorio’, mentre ‘altri insistono sui partenariati con i paesi terzi e un altro gruppo di paesi chiede di esplorare ‘nuovi modi’ di gestire la migrazione irregolare, specialmente sui rimpatri’, hanno riferito le fonti del Consiglio.

Con tutte queste posizioni diverse, e anche se possono esserci delle convergenze, può essere ‘delicato e difficile’ redigere su questo tema il testo delle conclusioni del Consiglio europeo, per le quali c’è bisogno dell’unanimità.  ‘Sappiamo che alcune delegazioni nazionali potrebbero bloccare le conclusioni’, ma quello che conta davvero è ‘concentrarsi sulla discussione’, hanno aggiunto le fonti.

Nella bozza delle conclusioni del Consiglio europeo tutto il paragrafo sull’immigrazione è ancora tra parentesi quadre, il che significa che si tratta di una proposta su cui non c’è ancora consenso da parte degli Stati membri.

‘Abbiamo messo il testo tra parentesi quadre – hanno spiegato le fonti del Consiglio – perché abbiamo visto che ci sono tre gruppi di Stati membri con posizioni diverse: ci sono quelli che pensano che dovremmo entrare nei dettagli, con conclusioni dettagliate che inviino un messaggio chiaro, indicando cosa è operativo e cosa dobbiamo ancora realizzare, e invitando la Commissione a presentare proposte al Consiglio. Un secondo gruppo è più focalizzato sull’adozione di ciò che chiamiamo linee guida, il che significa solo menzionare l’argomento, ma rimanendo al corrente degli sviluppi e pronti a tornare sulla questione. E infine ci sono alcune delegazioni nazionali che hanno costantemente ribadito di non volere affatto un testo di conclusioni’ su questo tema.

Questi ultimi paesi, in particolare, sono Ungheria e Polonia, che hanno votato contro il Patto su immigrazione e asilo, e che contestano non solo il contenuto del pacchetto legislativo, ma soprattutto la legittimità del voto a maggioranza qualificata per approvarlo. Per sette anni, l’Ue aveva accettato la loro pretesa di non lasciar votare a maggioranza la legislazione in questo campo dai ministri nel Consiglio Ue, trattando preventivamente le questioni legate all’immigrazione nel vertice dei capi di Stato e di governo, dove quasi sempre le decisioni possono essere prese solo all’unanimità.

Ma nel giugno 2023, finalmente, i ministri votarono il Patto a maggioranza qualificata, e Ungheria e Polonia non poterono fare altro che bloccare le conclusioni sull’immigrazione del successivo vertice dei capi di Stato e di governo, che furono sostituite da una dichiarazione del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, supportata da altri 25 paesi membri.  

‘In questo mandato abbiamo sempre gestito le decisioni all’unanimità, con un’eccezione, che è stata nel giugno 2023’, hanno ricordato le fonti del Consiglio. ‘Quindi se c’è un argomento controverso, è questo. Il Patto migratorio – hanno aggiunto le fonti – è stato adottato con una maggioranza qualificata. Alcuni paesi si sono astenuti, alcuni hanno votato contro, e ora questi paesi contrari stanno spingendo affinché questo venga menzionato nel testo. Potrebbe essere difficile per loro accogliere o chiedere di attuare qualcosa contro cui hanno votato, questa è la semplice equazione’.

Uno dei punti della bozza di conclusioni menziona esplicitamente il fatto che ‘dovrebbero essere considerate nuove strade per impedire e contrastare l’immigrazione irregolare’, avvertendo tuttavia che questo dovrà essere fatto ‘in linea con il diritto internazionale’. Le ‘nuove strade da esplorare’ sono sostanzialmente una citazione dalla lettera che 15 Stati membri, Italia compresa (gli altri paesi sono Austria, Bulgaria, Repubblica ceca, Cipro, Danimarca, Finlandia, Grecia, Malta, Olanda, Polonia, Romania e tre Paesi baltici) avevano inviato alla Commissione il 15 maggio scorso.  

Nella lettera si sollecitava ‘il rafforzamento degli aspetti interni ed esterni dei rimpatri, per arrivare a una politica di rimpatri efficace dell’Ue’. Questo potrebbe includere, tra l’altro, ‘l’esame di una potenziale cooperazione con paesi terzi su meccanismi di ‘hub di rimpatrio’, dove le persone da rimpatriare potrebbero essere trasferite in attesa del loro allontanamento definitivo’. A questo proposito, i 15 paesi incoraggiavano ‘la Commissione e gli Stati membri a esplorare potenziali modelli nell’attuale diritto acquisito dell’Ue, nonché a considerare la potenziale necessità di modifiche alla direttiva sui rimpatri’.

Inoltre, la lettera sottolineava che, ‘al fine di ridurre la pressione complessiva sulla nostra gestione della migrazione, è importante che gli Stati membri abbiano la possibilità di trasferire i richiedenti asilo in paesi terzi sicuri quando questa alternativa è disponibile. Pertanto, l’applicazione del concetto di ‘paesi terzi sicuri’ nel diritto di asilo dell’Ue dovrebbe essere riesaminata’.

Nella sua ormai usuale lettera sulla politica dell’immigrazione che la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen ha inviato ai capi di Stato e di governo lunedì, in vista del Consiglio europeo, si sottolinea che oggi, nell’Ue, ‘solo circa il 20% dei cittadini di paesi terzi a cui è stata intimata l’espulsione è poi effettivamente rimpatriato’.

Von der Leyen annuncia esplicitamente l’intenzione di proporre una nuova direttiva sui rimpatri e una revisione del concetto di ‘paese terzo sicuro’, come chiedevano i 15 paesi firmatari della lettera. ‘Avremo bisogno di un nuovo quadro giuridico per rafforzare la nostra capacità di agire. Le procedure e le pratiche di rimpatrio degli Stati membri variano notevolmente: dobbiamo creare un livello di armonizzazione e fiducia che garantisca che i migranti sottoposti in un paese a una decisione di rimpatrio non possano sfruttare le crepe nel sistema per evitare il rimpatrio altrove’, in un altro Stato membro.

‘Con la proposta del 2018 (di direttiva sui rimpatri, ndr) rimasta senza accordo e considerando le discussioni passate, la Commissione presenterà – ha annunciato von der Leyen – una nuova proposta legislativa che definirebbe chiari obblighi di cooperazione per le persone da rimpatriare e semplificherebbe efficacemente il processo di rimpatrio, con la digitalizzazione della gestione dei casi e il riconoscimento reciproco delle decisioni’ degli Stati membri.

Inoltre, continua la presidente della Commissione nella sua lettera, ‘ci siamo già impegnati a rivedere, entro l’anno prossimo, il concetto di paesi terzi sicuri designati’. E aggiunge: ‘Dovremmo anche continuare a esplorare possibili modi per procedere per quanto riguarda l’idea di sviluppare ‘hub di rimpatri’ al di fuori dell’Ue, soprattutto in vista della nuova proposta legislativa sui rimpatri. Con l’avvio delle operazioni del protocollo Italia-Albania, saremo anche in grado di trarre lezioni da questa esperienza, nella pratica’.

Ricordando che ‘la direttiva sui rimpatri è bloccata al Parlamento europeo ormai da anni’, le fonti del Consiglio hanno sottolineato che i rimpatri sono principalmente di competenza degli Stati membri, che li eseguono. Ma occorre anche – hanno precisato – una certa armonizzazione, condividere informazioni, utilizzare le stesso pratiche e le stesse procedure: questi saranno elementi chiave, fondamentali’.

‘La menzione di ‘nuovi modi per prevenire l’immigrazione irregolare’ è ora nell’Agenda strategica dell’Ue’ hanno ricordato ancora le fonti del Consiglio, aggiungendo che ‘questo sarebbe stato inconcepibile qualche anno fa. Insomma, il dibattito si sta evolvendo. Quindi forse è il momento di avere una nuova proposta, una nuova direttiva. Capisco che nella lettera della presidente von der Leyen ci sono alcune porte aperte su questa questione. Abbiamo anche visto alcuni Stati membri stipulare accordi con paesi terzi’.

‘Nelle conclusioni del Consiglio europeo che abbiamo adottato nel 2018 avevamo il termine in francese ‘plateformes de débarquement’ (piattaforme per gli sbarchi, ndr), che alla fine non si è materializzato. Non ne è venuto fuori niente, nessuna proposta. Non è stato attuato. Quindi ora, dopo sei anni, la dinamica è cambiata, si è trasformata in un concetto aperto’, hanno concluso le fonti. 

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