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Roma, 22 nov. (askanews) – Dopo essere stati accolti questa mattina presto da Papa Francesco in Vaticano, una delegazione di 12 familiari degli ostaggi rapiti da Hamas a Gaza ha incontrato intorno a mezzogiorno la stampa presso il Pitigliani Centro ebraico italiano di Roma nella speranza che ricordare al mondo la tragica e crudele sorte dei loro cari possa aiutare la loro liberazione. Uno ad uno, esponendo i ritratti dei loro rapiti, hanno preso la parola raccontando con parole semplici il loro strazio e l’angosciante incertezza – nessuno di loro sa in realtà se sono in vita – in cui vivono da quel “Black Saturday” in cui Hamas dopo aver seminato morte e distruzione nelle comunità del sud di Israele ha sequestrato e portato a Gaza i loro padri, madri, figli, fratelli, sorelle, zii e cugini.
“Non ho più una casa, metà della mia famiglia è stata rapita in questo momento e non so cosa succederà domani”, ha detto uno di familiari a cui hanno portato via due figlie e tre nipoti minorenni.
“Dal giorno in cui Hamas ha rapito mia figlia di 17 anni e mia moglie la mia vita non è più la stessa. Sono 47 lunghi giorni in cui non so più niente di loro”, ha detto Moshe Leimberg a cui hanno rapito anche due cognati prima di ringraziare i presenti per “aver ascoltato la mia storia”.
“Per favore aiutatemi perchè voglio riportarlo a casa e riabbracciarlo”, ha implorato Nikol Beizer, il cui fratello, Nik Beizer, 19 anni, è stato rapito dalla sua base della Divisione Gaza.
“Mia sorella diceva che io sarei morta prima di lei perchè sono più grande. Ecco io voglio morire prima di lei, deve tornare a casa “, ha detto Alexandra Ariev, la cui sorella Karina, è stata prelevata dai miliziani di Hamas dall’avamposto di Nazal Oz.
Poi c’è la madre russa di Andrey Kozlov che si era trasferito in Israele dalla Russia un anno fa ed è stato rapito al Nova Festival. “Non so che fare, dovrei salvare mio figlio, ma vivo in Russia”, ha detto prima di rispondere ad una domanda sull’accordo fra il governo israeliano e Hamas per la liberazione di una cinquantina di ostaggi. “Mio figlio non figura nella categoria che sarà rilasciata. Certo se penso al soldato Shalit e a tutti gli anni che è stato tenuto prigioniero, per liberare tutti gli ostaggi ci vorranno 2.000 anni”, ha detto.
In pochi hanno fatto riferimento all’accordo approvato nella notte dal gabinetto del premier Benjamin Netanyahu, tutti apparentemente decisi a schivare riferimenti diretti alla politica e a mostrare un fronte unito con l’unico obiettivo comune: riportare a casa i loro cari sani e salvi.
Michael Levy ha auspicato che anche il fratello Or di 33 anni verosimilmente escluso da questo primo scambio di ostaggi-detenuti palestinesi, possa essere presto liberato nell’ambito di una simile intesa.
Rachel Goldberg, madre di Hersh Jonathan Polin, 23 anni, gravemente ferito – ha perso un braccio con una granata al Nova Festival – prima di essere rapito, ha detto di confidare molto nell’autorevolezza planetaria di cui gode il Papa.
(di Isabella Helfer)
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