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Roma, 23 lug. (askanews) – Nel giorno in cui il premier israeliano Netanyahu raggiunge Washington, il quotidiano Haaretz offre un’interessante lettura dell’incontro. Secondo Haaretz, Biden di fatto ha infilato il premier israeliano in una “trappola politica”.

Forse – scrive il quotidiano – nessuno sul Pianeta Terra è stato più disturbato dall’annuncio scioccante del presidente degli Stati Uniti Joe Biden che si sarebbe dimesso dalla carica di candidato presidenziale democratico alle elezioni del 2024 di Benjamin Netanyahu.

Nei giorni precedenti la visita di Netanyahu a Washington, molti osservatori avevano ipotizzato che un potenziale annuncio sul ritiro di Biden sarebbe stato rimandato a dopo che Netanyahu avesse lasciato la città. Inceve l’annuncio di Biden ha praticamente tolto ogni slancio al viaggio di Netanyahu e ha messo il primo ministro israeliano nella posizione politicamente più complicata da quando Biden non sconfisse Donald Trump nel 2020.

Nelle ore successive alla pubblicazione della sua dichiarazione su X da parte di Biden, i leader israeliani di tutti gli orientamenti hanno fatto le lodi di Biden come di un vero amico di Israele rimasto fedele allo Stato ebraico nella buona e nella cattiva sorte. In questo senso si sono espressi gli attuali ed ex rivali politici di Netanyahu come l’ex primo ministro Naftali Bennett, l’ex ministro del gabinetto di guerra Benny Gantz e l’attuale leader dell’opposizione Yair Lapid.In questo senso si sono espressi anche l’attuale presidente israeliano Isaac Herzog e il ministro della Difesa Yoav Gallant, l’interlocutore preferito dell’amministrazione Biden nel governo israeliano.

L’unico a non elogiare Biden è stato proprio Netanyahu , cosa che non sorprende se pensiamo alla sua incapacità di congratularsi con Biden nelle ore successive alle elezioni del 2020.

Di fatto, dopo l’annuncio del ritiro di Biden, la visita di Netanyahu è stata immediatamente relegata in secondo piano dopo settimane e mesi di preparazione. Nonostante gli sforzi repubblicani di trasformare la visita in un’arma politica, è ora Netanyahu a essere costretto a fare calcoli politici piuttosto che Biden.

Il primo ministro israeliano, senza dubbio leggendo le foglie di tè del futuro politico di Biden, ha cercato di ricucire il suo rapporto con Trump. Il rapporto era già in crisi dopo il rifiuto di Netanyahu di partecipare all’assassinio del generale iraniano Qassem Soleimani e per i suoi ripetuti tentativi di vanificare gli sforzi di Trump per raggiungere il cosiddetto “accordo del secolo” per porre fine al conflitto israelo-palestinese.

Le pur tardive congratulazioni di Netanyahu a Biden per la sua vittoria su Trump, tuttavia, sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Trump, fino ad oggi, continua a criticare pubblicamente Netanyahu ogni volta che gli viene richiesto, accusandolo anche di avere una implicita colpa per gli eventi del 7 ottobre.

Netanyahu potrebbe aver rifiutato di lodare Biden sui social media per timore di suscitare l’ira di Trump e bruciare il ponte che la sua rete ha cercato di riparare con crescente fervore negli ultimi mesi.

Peraltro a questo punto non è neppure chiaro se l’incontro Biden Netanyahu ci sarà davvero. Biden si sta ancora riprendendo dal COVID-19 e la Casa Bianca, ha rifiutato di stabilire qualsiasi programma pubblico per Biden nei giorni a venire.

In conclusione, Netanyauh – che sarò comunque contestato da miglia di manifestanti e verrà boicottato da dozzine di democratici – si troverà appunto preso in trappola, conclude Hareetz. Se – prescindere dal fatto che lo incontri o no – non farà un qualche omaggio a Biden, salterebbe “ogni parvenza di bipartitismo” e i suoi critici avrebbero gioco facile nelconcludere che il premier israeliano è soltanto “un agente del Partito Repubblicano”. Se invece offirà a Biden anche il più superficiale dei riconoscimenti per essere forse il più significativo democratico filo-israeliano nella storia politica americana, questo scatenerebbe senz’altro l’irritazione di Trump prendendo difficilissimo per non dire impossibile ricostruire i suoi rapporti col (probabile) futuro neo-presidente Usa.

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