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Roma, 18 set. (askanews) – La Federal Reserve, la Banca centrale degli Stati Uniti ha rotto gli indugi e varato un energico taglio dei tassi di interesse: 50 punti base (mezzo punto percentuale), con cui il riferimento sui fed funds scende al 4,75%-5%. La decisione giunge dopo diverse giornate di incertezza, vari analisti erano orientati per una riduzione da 25 punti base, ma nelle ultime fasi sui mercati gli operatori erano più sbilanciati per una riduzione da 50 punti base.
Con il taglio dei tassi di oggi “abbiamo avuto un buon forte inizio. E questo è veramente un segno della nostra fiducia che l’inflazione stia andando verso il livello obiettivo (2%) in maniera sostenibile”, ha spiegato il presidente Jerome (Jay) Powell, nella conferenza stampa al termine del direttorio (Fomc).
Ma rispondendo ad una delle domande dei giornalisti, è sembrato voler contenere le attese sulle prossime mosse, in particolare quando ha precisato: “non penso che nessuno debba guardare al taglio di oggi e pensare che questo sia il nuovo ritmo”. Per le prossime decisioni “penso che procederemo con cautela, volta per volta”. E con flessibilità: se l’economia dovesse peggiorare, o l’inflazione calare più del previsto, la Fed ridurrà il freno monetario velocemente, se all’opposto caro vita e crescita dovessero rafforzarsi potrebbe muoversi più lentamente e/o fare pause nella manovra.
Incalzato dale domande, Powell ha negato che la Fed sia stata “colta alla sprovvista” dalla decelerazione del metrcato del lavoro. “Penso che (sul taglio dei tassi) siamo stati tempestivi”. Ma poi ha ammesso: “se a luglio avessimo avuto il rapporto sul mercato del lavoro (che invece è stato pubblicato solo dopo il Fomc-ndr) forse avremmo potuto decidere allora un taglio dei tassi”.
Invece ha risolutamente negato che la decisione sia un aiuto monetario alla candidata democratica alle presidenziali, Kamala Harris, rispetto al repubblicano Donald Trump. Su questo ha ricordato che le mosse monetarie hanno effetti sull’economia reale “con un certo ritardo”: in altri termini, il taglio si dovrebbe far concretamente sentire solo dopo il voto di novembre.
La Fed ha limato le previsioni di crescita economica e rivisto al ribasso quelle sull’inflazione: ora per il carovita si attende il 2,3% quest’anno, 2,1% il prossimo e 2% nel 2026. Precedentemente stimava 2,6% quest’anno e 2,3% il prossimo. Per la crescita l’istituzione monetaria stima 2% negli Usa quest’anno il prossimo e nel 2026, laddove tre mesi fa prevede 2,1% quest’anno e 2% nei due anni successivi.
Powell ha semmai rivendicato che il calo dell’inflazione riflette anche la pazienza della Fed (è la prima riduzione al costo del danaro 4 anni). “Altre banche centrali nel mondo si sono mosse prima – ha detto, con un chiaro riferimento alla Bce – noi abbiamo aspettato e veniamo premiati dal calo dell’inflazione”.
Ad ogni modo il passo di oggi è solo il primo di un percorso che proseguirà a lungo. Il grafico aggiornato che la Fed pubblica con le attese sui tassi degli stessi componenti del Fomc, mostra che si attendono uno o altri due tagli per la fine dell’anno, con cui il costo del danaro negli Stati Uniti scenderebbe di altri 25-50 punti base. Per il prossimo anno le attese fluttuano tra riduzioni di altri 100 e 125 punti base. (di Roberto Vozzi).
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