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Venezia, 13 ott. (askanews) – Replicare, moltiplicare, appropriarsi, travestirsi, creare altre narrazioni e altre possibilità. Queste azioni oggi sono alla base praticamente di tutto ciò che definiamo arte contemporanea e questo è dovuto, in larga parte, alla lezione di Marcel Duchamp, a cui la collezione Peggy Guggenheim di Venezia dedica una mostra intitolata “La seduzione della copia”. A curarla è stato chiamato Paul B. Franklin. “L’approccio di Duchamp alla copia – ha detto lo studioso ad askanews – è unico: per lai prima volta nell’arte lui ci invita a guardare la copia e l’originale come se fossero uguali e ci suggerisce che ci forniscono la stessa forma di piacere visivo”.

Il concetto, a ben guardare è rivoluzionario, esplosivo. Innesca una serie di reazioni a catena che ci portano fino a oggi ed è probabile che accompagneranno gli sviluppi dell’arte anche domani, nel mondo degli NFT e dell’Intelligenza artificiale, che proprio sull’idea di copia si basano. Ma le copie di Duchamp sono ancora più particolari perché, come nel caso delle celebri “Scatole in valigia”, anche nei duplicati c’è un elemento di unicità, e tutto si confonde di nuovo. “Lavoro da 25 anni su Duchamp – ha aggiunto Franklin – e continuo a scoprire cose nuove, Duchamp è un esempio non solo del modo in cui ci si avvicina all’idea di fare arte, ma anche del modo in cui avvicinarsi al fatto di esistere nell’universo”.

In mostra a Venezia alcuni pezzi importanti della collezione, accanto a prestiti del MoMA o del Guggenheim di New York, ma anche di una collezione privata veneziana ricca di Duchamp. A dare un’aura diversa al progetto espositivo è però soprattutto la relazione tra l’artista e Peggy Guggenheim, del cui legane ci ha parlato la direttrice del museo, Karole Vail. “Lui le insegna addirittura la differenza tra l’arte astratta e l’arte surrealista – ci ha detto – e Peggy parla e scrive su di lui, per esempio nella sua autobiografia, in modo affettuoso, dicendo che lui le aveva insegnato praticamente tutto sull’arte moderna”.

E quindi la mostra in questo luogo rappresenta un vero e proprio ritorno a casa di Marcel Duchamp, ovviamente carico di duplicità, di rimandi e di sorprese. Come se il museo fosse a sua volta una scatola che contiene una valigia che a sua volta contiene il museo stesso, in un gioco di specchi all’infinito. “C’è una specie di filo conduttore, se vogliamo dire così – ha concluso Karole Vail – perché Duchamp assume questa parte nello sviluppo artistico e personale di Peggy stessa”.

L’esposizione, che presenta una sessantina di opere realizzate tra il 1911 e il 1968, è aperta al pubblico fino al 18 marzo 2024. (Leonardo Merlini)

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