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Venezia, 25 giu. (askanews) – Si parte, se volete, dal mito di Dorian Gray: il ritratto, la giovinezza, la paura di invecchiare, i corpi e lo spirito. Ma poi si va molto più lontano, si entra in uno spazio che è radicalmente teatrale, proprio per il fatto di abbattere molti dei vincoli del teatro. Lo spettacolo “Creation” del collettivo anglo tedesco Gob Squad, premiato con il Leone d’argento della Biennale Teatro 2024, è un’esperienza del presente, uno spazio dove si ride e si piange nello stesso momento, un’opera d’arte che riflette su se stessa e, così facendo, diventa “vera”.
“Non abbiamo una sceneggiatura scritta, non abbiamo testi – ha detto ad askanews Simon Will, uno dei membri del collettivo artistico -. Tutto in qualche modo è improvvisato e usiamo la lingua di tutti i giorni. Stare sul palco, in un certo senso, è la stessa cosa di questa conversazione. Con la differenza che nello spettacolo cerchiamo di andare più in profondità, cerchiamo di porci domande e di dare risposte su cose delle quali nella vita normale si parla meno. Affrontiamo i temi della solitudine, dell’invecchiamento o del decadimento, e sul palcoscenico ti accorgi che lo puoi fare”.
Lo spettacolo, che coinvolge anche attori veneziani chiamati in un certo senso a recitare se stessi e si muove dall’inglese all’italiano con naturalezza, prende forma intorno a cornici fisiche e metaforiche, ragiona sull’idea di cosa rende tale un’opera d’arte e, così facendo, coinvolge il mondo che sta al di là del palcoscenico. “Gob Squad – ha aggiunto Sharon Smith – usa spesso questa frase: diamo una cornice alla realtà. Mettiamo una cornice intorno a episodi della vita di tutti i giorni, mettiamo in connessione il teatro con la strada, oppure raccogliamo i passanti o interagiamo con il pubblico. Perché ci interessa elevare il quotidiano, il banale, e renderlo bello come un’opera d’arte. Quindi semplicemente se incontriamo una persona per strada noi costruiamo un suo ritratto, che la eleva per un momento, e la porta dentro, la trasforma in un’opera d’arte”.
In scena a un certo punto un personaggio di mezza età dialoga con un se stesso giovane e con uno anziano: la scenografia, che vive anche di immagini video riprese in diretta dagli stesi attori, abbraccia questo momento e, senza retorica, ci fa pensare al tempo passato e perduto, ai sogni che magari si realizzeranno e a quelli che non lo hanno fatto. La vita finirà, è inevitabile, certi applausi saranno gli ultimi, lo sappiamo. Ma, nonostante tutto, quello che passa ha il sottile profumo della possibilità e della speranza. “Tutto può succedere – ha concluso Will – improvvisamente capita che giri un angolo e le cose diventano completamente diverse e inaspettate”.
Come si dice, “con un colpo di teatro”, ma forse la frase fatta andrebbe ribaltata: “un colpo di vita”, che certo teatro trova il modo di rendere reale sulla scena. (Leonardo Merlini)
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