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Roma, 14 dic. (askanews) – La Banca centrale europea ha nuovamente confermato i livelli dei tassi di interesse nell’area euro, che sono comunque ai massimi storici. Ma nella conferenza stampa al termine del Consiglio direttivo, la presidente Christine Lagarde ha utilizzato toni meno accomodanti sui possibili futuri tagli ai tassi, rispetto a quelli mostrati ieri dalla Federal Reserve statunitense, che a sua volta aveva mantenuto inalterati i riferimenti sul dollaro.

“Non abbiamo assolutamente discusso di tagli dei tassi”, ha detto chiaro e tondo. E incalzata dalle domande dei giornalisti sulle aspettative dei mercati di riduzione del costo del denaro nell’area euro, Lagarde ha replicato: “dovremmo abbassare la guardia? No: assolutamente no”.

Non solo, quasi a rimarcare la fermezza con cui gli esponenti più intransigenti del direttorio della Bce – i “falchi” – mantengono la presa sull’impostazione monetaria, l’istituzione ha anche annunciato fin da ora che da metà 2024 intende avviare una manovra di riduzione delle consistenze di titoli, prevalentemente pubblici, accumulati con il piano di acquisti anti crisi Covid, il Pepp. Una manovra analoga è già da tempo in corso su un altro piano di acquisti, l’App.

E questo mentre Lagarde ha più volte ribadito che le decisioni del Consiglio “dipendono dai dati” e dal loro evolversi. E che le future decisioni verranno assunte sulla base di tre parametri: le prospettive di inflazione generale, l’andamento dell’inflazione di fondo, cioè dell’indice dei prezzi depurato da energia, alimentari e altre voci volatili. E, terzo, dalla forza della trasmissione della politica monetaria.

Al momento tutti e tre questi fattori mostrano attenuazioni nel senso voluto dalla Bce. E allora è poco evidente il perché annunciare, con oltre sei mesi di anticipo, un provvedimento con effetti restrittivi, seppure non in misura drastica – gli stock dell’Epp verranno limati in media per 7,5 miliardi di euro al mese da luglio – mentre si insiste sul fatto che le decisioni, presenti e future, sono vincolate ai dati.

Intanto la Bce ha consistentemente rivisto al ribasso, soprattutto sul prossimo anno, le sue previsioni di inflazione. Ora stima un caro vita al 5,4% sulla media di quest’anno, al 2,7% nel 2024, 2,1% nel 2025 e poi un ulteriore calo all’1,9% nel 2026. Lo scorso settembre indicava 5,6% quest’anno, 3,2% sul 2024 e 2,1% sul 2025.

Nel frattempo ha anche tagliato le attese di crescita economica: allo 0,6% su quest’anno, 0,8% nel 2024 e 1,5% sia sul 2025 che sul 2026. Tre mesi fa la stoima era 0,7% su quest’anno, +1% sul 2024 e +1,5% sul 2025.

Con voce bassa, di cui si è scusata, spiegando che era convalescente dalla Covid, ma che aveva voluto comunque presenziare in persona alla riunione (“ma non sono contagiosa”, ha asserito) Lagarde ha puntualizzato che alla Bce “non abbiamo una recessione nel nostro scenario previsionale di base. E non puntiamo a provocare una recessione. Il nostro obiettivo – ha ribadito – è la stabilità dei prezzi”.

La linea mostrata oggi ha smorzato gli entusiasmi che si erano creati sui mercati dopo il direttorio della Fed ieri. E ha innescato una ulteriore accelerazione dell’euro, che in serata si è riportato sopra la soglia psicologica di 1,10 dollari per la prima volta da fine novembre. Ora si tratterà di vedere se nei prossimi interventi di esponenti del direttorio della Bce questa intransigenza sull’ipotesi di ritocchi al ribasso dei tassi nel 2024 verrà mantenuta o se verrà smussata. (di Roberto Vozzi).

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