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Roma, 9 lug. (askanews) – L’editoriale pubblicato nel weekend sul Toronto Star da Andrea Skinner, figlia della premio Nobel Alice Munro, non avrebbe dovuto giungere come una sorpresa: c’era anche una sentenza di tribunale del 2005 a confermare, lettere alla mano, che il patrigno Gerry Fremlin aveva abusato di lei quando aveva nove anni.
Eppure è parso un fulmine a ciel sereno. La celebrità della
scrittrice aveva calato una coltre di omertà sulla vicenda,
sull’inazione di Munro e del padre di Andrea, non solo
pubblicamente ma all’interno della famiglia coinvolgendo le
sorelle e il fratellastro di Andrea, devastati anche loro da
decenni di silenzio. “E’ ora di raccontare la mia storia” ha
scritto Skinner nel suo editoriale.
“Ogni famiglia è infelice a modo suo” secondo Tolstoj, ma le
storie di abusi familiari seguono un loro copione drammaticamente simile. C’era dunque una ragazzina in custodia condivisa che passava l’inverno con il padre – Jim Munro – e la matrigna Carole e il fratellastro Andrew (le altre due sorelle erano già fuori casa) e l’estate con la madre e il patrigno nel quadro idilliaco della campagna dell’Ontario. Una notte, aveva nove anni e la madre non c’era, chiese al patrigno di dormire nel letto della mamma. Lui la prese come un’offerta sessuale.
La bambina tacque fino all’autunno, poi si confidò col fratello
che la convinse a parlarne con la matrigna, la quale andò dal
padre Jim, che pensò bene di seppellire la storia, non lo disse
alla prima moglie Alice, né chiese nulla alla piccola Andrea.
L’estate seguente però, Jim Munro inviò in Ontario anche la
figlia Sheila, già ventenne, col compito impossibile di impedire
che Andrea restasse sola col patrigno. Gerry Fremlin continuò,
racconta Andrea, a esibirsi davanti a lei mentre erano soli nel
suo camion, o a parlarle di sesso.
La cosa andò avanti fino all’adolescenza, quando il patrigno
perse interesse. Fin qui, Andrea era stata sostanzialmente
lasciata sola dal padre e della matrigna oltre che dai fratelli.
Soffriva di emicranie e bulimia; all’università ebbe grossi
problemi.
A 25 anni, Andrea scrisse una lettera alla madre rivelandole
tutto. La reazione di Alice Munro fu quella che la figlia temeva: se ne andò di casa, ma la prese come una infedeltà del marito, il quale minacciò il suicidio e in una serie di lettere accusò la figliastra di averlo praticamente sedotto. Nessuno anche allora si preoccupò delle conseguenze della vicenda per Andrea. Tre mesi dopo, Munro tornò dal marito: business as usual, Gerry Fremlin gestiva tutte le sue faccende pratiche mentre lei si dedicava alla scrittura. Adesso tutti sapevano in casa, ma nessuno ne parlava.
In molti adesso si chiedono come sia possibile che questa artista celebratissima, la maestra del racconto, la scrittrice che ha dedicato la vita a scandagliare le profondità dell’animo umano, e tanto ha narrato soprattutto di ragazze e donne, parlando anche di abusi e silenzi, abbia operato una simile rimozione nei confronti della sua propria figlia.
Non finisce qui. All’inizio degli anni Duemila, Andrea (sposata
dopo molta terapia) restò incinta di due gemelli. Scrisse allora
alla madre che non intendeva farli mai vedere al patrigno. Alice
Munro replicò che lei non guidava e le sarebbe stato “molto
scomodo” andare a trovare Andrea. La giovane interruppe i
rapporti.
Pochi anni dopo, leggendo un’intervista alla madre in cui Munro
glorificava l’amore del marito e asseriva di avere ottimi
rapporti con le tre figlie, Andrea Skinner prese in mano le copie delle lettere del patrigno e le portò in tribunale. Gerry Fremlin fu condannato a due anni con la condizionale, con la proibizione di frequentare parchi giochi e scuole.
Eppure, in famiglia si continuò a non parlare della vicenda.
Fremlin morì all’improvviso nel 2013, quando Munro mostrava già i primi segni della demenza. Nel 2014 arrivò il premio Nobel.
Morirono nel frattempo anche Jim Munro e la moglie Carole.
La salvezza, alla fine, è arrivata dai fratelli. Furono Sheila,
Jenny e Andrew ad andare in un centro di assistenza per le
famiglie toccate dagli abusi sessuali e dopo molti pianti, furono loro a ricontattare la sorellina. A un mese dalla morte di Alice Munro, Andrea Skinner ha raccontato la sua verità e il mondo all’improvviso ha scoperto quello che già era pubblico e
certificato – ma di cui la stampa non si era mai occupata.
Un copione, appunto: l’abuso, la vergogna della vittima,
l’arroganza di chi abusa, il silenzio che corrode tutto e tutti,
poi l’omertà familiare, ingigantita dalla necessità di proteggere la celebre madre. Che da parte sua forse ha esorcizzato sulla pagina scritta quello che non riusciva ad agire nella vita concreta – sua e della figlia che non aveva ascoltato.
Il mondo della cultura discute, il Canada è avvilito. Margaret
Atwood, altra grande autrice canadese che era amica personale di
Munro, si dice “scioccata” perché aveva sentito parlare della
vicenda ma non ne conosceva i dettagli.
Al lettore devoto di Munro resta la consapevolezza che l’opera
d’arte non si identifica con il suo autore, e viceversa,
altrimenti gran parte del patrimonio culturale dell’umanità
andrebbe gettato via. E forse anche, conoscendo questa vicenda
familiare, si può tornare a leggere e indagare con occhi nuovi
quello che ci resta di Munro, la sua capacità di condurci nella
parte più oscura di noi.
(di Alessandra Quattrocchi)
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