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Roma, 5 dic. (askanews) – Dal 6 dicembre al 24 marzo 2024 il Museo di Roma in Trastevere ospita la mostra “A Journey Back/Un viaggio di ritorno (Fotografie in Italia 1972-1980)”, progetto espositivo dedicato alle foto realizzate in Italia dal fotoreporter statunitense di origine italiana Lou Dematteis.
La mostra, a cura di Claudio Domini e Paolo Pisanelli, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, prodotta e realizzata dall’associazione culturale Errata Corrige, in collaborazione con Big Sur, Officina Visioni, Cinema del Reale, con il contributo di Fondazione Home Movies-Archivio Nazionale del Film di Famiglia, Archivio Franco Pinna. Servizi museali Zètema Progetto Cultura.
“A Journey Back/Un viaggio di ritorno” è il diario visivo, espresso attraverso la fotografia, di quattro viaggi che Dematteis compie in Italia nel 1972, 1977, 1979 e 1980. La mostra si sviluppa attraverso un percorso di oltre 100 fotografie, per la maggior parte inedite, selezionate tra le migliaia scattate da Dematteis in Italia e riprodotte in massima parte in forma di stampe ai sali d’argento.
Durante quei quattro viaggi, Dematteis si confronta con una realtà fino ad allora solo immaginata, e attraversa la Penisola in lungo e in largo toccando, oltre ai paesi d’origine dei nonni paterni, tra Piemonte e Liguria, Milano, Venezia, Bologna, le coste della Romagna, Firenze e la Toscana, Roma, Napoli e la costiera amalfitana, la Lucania e la Calabria, spingendosi fino in Sicilia.
Un Grand Tour iniziatico, affrontato dall’autore con slancio e curiosità, spostandosi unicamente in treno, che il percorso espositivo cerca di restituire sia in senso cronologico che geografico, per evidenziare anche il processo di rapida trasformazione della società italiana di quegli anni.
Attraverso quell’esperienza Lou Dematteis ha modo di verificare l’efficacia della fotografia come forma di comunicazione e azione politica, per adottarla infine come scelta professionale e di vita negli anni immediatamente successivi, quando diventerà un fotoreporter a tutti gli effetti per l’agenzia Reuters New Pictures. Quello che le foto italiane di Dematteis documentano, oltre che uno spaccato di quasi dieci anni della nostra società, è anche lo sguardo di un giovane americano, di idee radicali e in conflitto con le scelte politiche del suo Paese di provenienza, che cerca risposte nelle proprie origini anagrafiche, al cospetto di una cultura e di un contesto politico-sociale profondamente differente.
In esse troviamo l’essenza dell’Italia di allora, quella “ufficiale”, le battaglie popolari per i diritti e la vita nelle strade, il quotidiano della gente comune, i riti sociali, la fabbrica e la scuola, il lavoro nero e quello nei campi, in un carosello di volti e luoghi che sollecitano memoria e immaginario collettivo.
In queste fotografie, a distanza di quasi mezzo secolo da quegli scatti e da quell’Italia, oltre all’evidenza del documento storico, di sapore fotogiornalistico, c’è il “documento emotivo”, il come eravamo, la coscienza di ciò che si è irrimediabilmente perduto.
L’intero percorso della mostra sarà scandito dalle parole del poeta beat Lawrence Ferlinghetti (1919-2021), in brevi estratti dai suoi versi e dai suoi diari, il quale come Lou Dematteis, di cui è stato buon amico, ha riflettuto spesso sul rapporto con le proprie radici italiane.
Inserito nel percorso espositivo, un breve film documentario realizzato per la circostanza da Paolo Pisanelli e Matteo Gherardini, racconterà attraverso le parole dell’autore la sua vicenda professionale e umana, e i “viaggi di ritorno” nella sua seconda patria.
Louis (Lou) Frank Dematteis è nato a Palo Alto (California) nel 1948 ed è cresciuto ascoltando le storie di immigrati o raccontate da immigrati. Influenzato dalla fotografia sociale di Jacob Riis e Lewis Hine, dall’esperienza della Farm Security Administration, e dai fotografi della Magnum Photo, in particolare la poetica del “momento decisivo” di Henri Cartier-Bresson.
Dalla metà degli anni Settanta inizia a collaborare con diverse testate internazionali e nel 1985 entra stabilmente nello staff dell’agenzia Reuters New Pictures. Inviato in Centroamerica, Dematteis documenterà per cinque anni i conflitti di quelle regioni. In Nicaragua, una sua celebre foto del mercenario al soldo della C.I.A. catturato dall’esercito locale diventa la prova del coinvolgimento del governo statunitense nelle pratiche segrete tese a rovesciare gli esiti della rivoluzione sandinista, e gli varrà numerosi riconoscimenti internazionali, inclusa una menzione della World Press Photo e l’inclusione nella selezione delle foto dell’anno del “New York Times” e della National Press Photographers Association.
A partire dai primi anni 2000 ha iniziato l’attività di filmmaker e autore documentarista realizzando nel 2010 il film “Crimebuster”. Un figlio alla ricerca di suo padre, dedicato alla vita e alla carriera di Louis B. Dematteis, papà di Lou, famoso procuratore distrettuale a Redwood City, pilastro della locale comunità italoamericana. Nel 2022 esce il suo secondo documentario “Keeper of the Fire”, dedicato al poeta e attivista Alejandro Murguía.
Ha pubblicato diversi fotolibri: “Nicaragua: A Decade of Revolution”, nel 1991; “A Portrait of Viet Nam”, nel 1996; “Crude Reflections: Oil, Ruin and Resistance in the Amazon Rainforest”, nel 2008; “Lowriders”, nel 2016.
I suoi lavori sono stati esposti in tutto il mondo. Sette fotografie della serie Lowriders sono state recentemente acquisite dal San Francisco Museum of Modern Art per la propria collezione permanente.
Nell’estate del 2023 la Festa del Cinema del Reale e dell’Irreale gli ha dedicato una mostra antologica nel castello di Corgliano d’Otranto (LE) (“Five From Ore. Cinque paesi, cinque storie”). Vive a San Francisco e attualmente è impegnato nella produzione di documentari di carattere sociale.
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