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Roma, 29 gen. (askanews) – Una partnership basata su “libertà e
vantaggi reciproci” che “non impone nulla” e che si traduca in
“fatti”, perchè l’Africa “non si accontenta più di semplici
promesse che spesso non vengono mantenute”. Tenendo presente che
“noi non siamo mendicanti”. Così il presidente della Commissione
dell’Unione africana, Moussa Faki, ha illustrato la posizione del
continente in apertura dei lavori del vertice Italia-Africa,
prendendo la parola dopo la presentazione del Piano Mattei da
parte della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Un piano, ha
detto Faki, che “l’Africa è pronta a discutere”, ma “sul quale
avremmo auspicato di essere consultati”.
Faki ha riconosciuto che l’Italia sotto la guida di Meloni “ha
mostrato un costante interesse per una cooperazione forte con
l’Africa”, per poi sottolineare che il continente africano vuole
rapporti di partenariato “non allineati su un blocco unico” e in
cui “noi non imponiamo nulla al nostro partner e il nostro
partner non ci impone nulla a sua volta”, facendo allusione in
particolare al rapporto con Russia e Cina.
Il presidente della Commissione Ua ha poi rimarcato che
“l’Africa è conscia di doversi far carico delle proprie
responsabilità, se vuole far rispettare questi principi e basare
questa partnership sulle proprie priorità”. Priorità che derivano
da “numerose sfide”, quali quelle “securitarie, ecologiche,
sanitarie, di mobilità, tecnologiche e di finanziamento allo
sviluppo”, oltre “al pesante fardello del debito, agli effetti
della crisi climatica, alla crescita degli estremismi violenti e
all’instabilità politico-istituzionale”.
Nonostante questo, “l’Africa non vuole tendere la mano, noi non
siamo mendicanti, la nostra ambizione è più alta”, ha proseguito
Faki, auspicando il sostegno dell’Italia per “un nuovo modello di
partenariato che possa aprire la strada verso un mondo più
giusto, se vogliamo costruire pace e prosperità attraverso
l’amicizia, e non attraverso barriere securitarie che sono
barriere di ostilità”. Chiara l’allusione alla gestione delle
ondate migratorie sul Mediterraneo. “L’Italia è il principale
punto di arrivo dei flussi migratori provenienti dall’Africa.
Quindi, con l’Africa, l’Italia condivide la preoccupazione
costante di trovare una soluzione sostenibile a questo fenomeno
che è diventato tragicoáeáricorrente”, ha sottolineato Faki,
condividendo le preoccupazioni del ministro degli Esteri Antonio
Tajani.
Per il titolare della Farnesina si tratta di “un tema che
nessuno può affrontare da solo”. Serve “un impegno forte
dell’Unione europea”, così come un “dialogo rafforzato tra Paesi
di origine, transito e destinazione dei flussi migratori”. E per
infliggere “un colpo decisivo” ai trafficanti di esseri umani, “i
nostri comuni nemici”, occorre agire per creare più posti di
lavoro in Africa, “per esempio con joint-ventures che permettano
collaborazioni reciprocamente vantaggiose tra imprese italiane e
quelle africane”. “Penso alla trasformazione in loco delle
materie prime e ad un uso di quelle critiche più efficiente e
vantaggioso per tutti”, ha detto Tajani.
L’Italia, d’altra parte, sta indirizzando la maggior parte delle
risorse verso il Continente in settori chiave come la salute,
l’istruzione, il rafforzamento istituzionale e la sicurezza
alimentare. E il ministro ha annunciato che la Farnesina, insieme
a Simest, ha già “predisposto un nuovo pacchetto di finanziamenti
agevolati” per l’Africa “del valore totale di 200 milioni di
euro”. L’approccio, insomma, è ispirato alla “massima
concretezza”, con “un dialogo tra pari” che il governo italiano
intende sviluppare “anche con lenti africane, con uno spirito di
partenariato concreto e paritario”, sfruttando al massimo
“l’opportunità offerta dalla presidenza italiana del G7” nel 2024.
(di Simona Salvi e Corrado Accaputo)
Sim/Coa
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