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Roma, 13 gen. (askanews) – Antonio Donghi fu uno dei maggiori interpreti del Realismo magico in Italia. A questo straordinario artista dal 9 febbraio al 26 maggio 2024 Palazzo Merulana a Roma dedica la retrospettiva “Antonio Donghi. La magia del silenzio”, che permetterà ai visitatori di conoscere e ammirare una serie di autentici capolavori, alcuni esposti al pubblico per la prima volta.
La mostra è stata realizzata grazie al sostegno del Main Sponsor UniCredit, che ha anche contribuito con sedici importanti prestiti delle opere di Donghi, provenienti dalla straordinaria collezione esposta a Palazzo De Carolis, sede di rappresentanza del gruppo bancario a Roma, ed è prodotta da CoopCulture.
Sono raccolte trentaquattro opere, prevalentemente acquistate direttamente alle maggiori mostre del tempo (Biennali di Venezia, Quadriennali di Roma, ecc.) o altrimenti reperite sul mercato. Il progetto espositivo intende presentare i nuclei più significativi provenienti dalla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Roma, dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, dalla Banca d’Italia, dalla UniCredit Art Collection e dalla Fondazione Elena e Claudio Cerasi, che nel loro insieme rappresentano l’intero percorso dell’artista, toccandone tutti i temi principali: paesaggi, nature morte, ritratti, figure in interni ed esterni, personaggi del circo e dell’avanspettacolo. In particolare, la mostra si pone come approfondimento di uno dei principali nuclei pittorici rappresentati nella Fondazione Elena e Claudio Cerasi, che possiede ed espone in permanenza tre fondamentali capolavori donghiani: Le lavandaie (1922-23), primo vertice in assoluto del maestro; Gita in barca (1934); Piccoli saltimbanchi (1938). Solo tre dipinti particolarmente iconici (La Pollarola, Ritratto di Lauro De Bosis, Annunciata), legati in diverso modo alla collezione Cerasi, sono inseriti al di fuori del nucleo delle collezioni pubbliche.
Sulla trama delle opere di Donghi in queste collezioni è possibile ricostruire interamente il suo percorso artistico. Rimeditare il ruolo, il metodo, le aspirazioni di questo artista chiuso e difficile, ma al tempo stesso creatore di opere uniche e impressionanti per il loro clima sospeso, per la densità di interrogativi che pone allo spettatore, pur nell’apparentemente nuda realtà in cui sono presentati gli anonimi protagonisti dei quadri, appare oggi un doveroso passo in avanti per la sua conoscenza.
La curatela della retrospettiva è affidata al prof. Fabio Benzi, che proprio per lo stesso museo aveva curato nel 2019 la mostra-studio “Giacomo Balla, dal Futurismo astratto al Futurismo iconico”.
Antonio Donghi, nato a Roma nel 1897, appartiene alla generazione appena troppo giovane per aver vissuto e condiviso le istanze moderniste delle Secessioni romane come della prima fase del Futurismo, che si colloca con la sua maturità negli anni del primissimo dopoguerra: cioè a contatto con le istanze del “ritorno all’ordine”. Contribuì allo sviluppo di quell’ottica di riscoperta di radici tradizionali, piuttosto che percorrere una strada di decostruzione formale avanguardistica. Nonostante ciò, la sua tecnica particolare riuscì a enucleare una visione largamente condivisa in ambito romano e italiano, portandola a risultati di grande altezza ed espressività, pur non essendo tra i fondatori o i teorici di tale ottica.
La mostra – che ha il sostegno della Regione Lazio e il patrocinio gratuito di Roma Capitale – è inclusa nel biglietto di ingresso di Palazzo Merulana, che comprende la visita alla Collezione Cerasi. Aperta al pubblico dal mercoledì alla domenica dalle 12 alle 20.
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