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Roma, 21 ott. (askanews) – All’indomani del rilascio di due ostaggi americani da parte di Hamas, un convoglio di 20 camion ha attraversato il valico di Rafah, tra Egitto e Striscia di Gaza, per portare aiuti umanitari alla popolazione dell’enclave palestinese sotto assedio dal 7 ottobre scorso, giorno degli attacchi di Hamas in territorio israeliano. Aiuti che però verranno distribuiti nella zona meridionale della Striscia, ha precisato l’esercito israeliano, mentre nel nord continuano gli attacchi lanciati da Israele contro obiettivi di Hamas, che hanno causato finora almeno 4.385 morti, secondo le autorità sanitarie di Gaza. E non si fermano gli scontri a fuoco al confine nord di Israele, a fronte dei ripetuti lanci di razzi dal sud del Libano per cui il gruppo sciita libanese Hezbollah pagherà un “caro prezzo”, ha detto oggi il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant. L’esercito israeliano oggi ha reso noto che negli ha dichiarato oggi che “sono stati approvati i piani per espandere le attività operative. Le unità dell’Idf, sia in servizio regolare che in servizio di riserva, sono schierate sul campo e conducono esercitazioni di addestramento in conformità con i piani operativi approvati”.

L’assedio di Gaza e il timore di un’escalation del conflitto tra Israele e Hamas in corso da 15 giorni, dopo l’attacco da parte del movimento estremista palestinese, che ha causato la morte di almeno 1.300 israeliani, sono al centro del vertice convocato al Cairo dal presidente egiziano Abdel-Fattah Al Sisi, che punta a concordare una roadmap per mettere fine alla crisi umanitaria a Gaza, avviare un negoziato per un cessate il fuoco e rilanciare quindi il processo di pace per dare attuazione alla soluzione dei due Stati.

Dopo giorni di intensi negoziati, questa mattina è entrato nella Striscia di Gaza il primo convoglio di aiuti umanitari dall’inizio delle ostilità e dell’assedio imposto da Israele. Un convoglio composto da 20 camion carichi di medicinali e scorte alimentari che verranno distribuiti dall’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), secondo quanto riferito dalle autorità di Gaza, che hanno sollecitato la creazione di un “corridoio sicuro che funzioni 24 ore su 24 per rispondere ai bisogni umanitari e fornire servizi essenziali”.

Il Sottosegretario generale per gli affari umanitari dell’Onu, Martin Griffiths, ha rimarcato che “questo primo convoglio non deve essere l’ultimo”, dicendosi “fiducioso” che rappresenti “l’inizio di uno sforzo sostenibile per garantire forniture essenziali – tra cui cibo, acqua, medicine e carburante – alla popolazione di Gaza, in modo sicuro, affidabile, incondizionato e senza ostacoli”. Ma il portavoce dell’esercito israeliano, Daniel Hagari, ha dichiarato che dal valico di Rafah arriverano nel sud della Striscia di Gaza cibo, acqua e medicinali, mentre “il carburante non entrerà”.

Secondo le forze armate israeliane, sono circa 700.000 le persone che hanno lasciato il nord della Striscia di Gaza, su una popolazione dell’area stimata in 1,1 milione, per raggiungere il sud dell’enclave. Mentre sono sei, su 20, gli ospedali che hanno risposto all’ordine israeliano di evacuare a sud. Il portavoce dell’esercito ha ribadito oggi che l’esercito “continuerà gli attacchi contro le roccaforti di Hamas nel nord di Gaza”, ma proseguono anche gli scontri a fuoco nel nord di Israele, dove oggi si è recato in visita il ministro della Difesa. Dall’altra parte del confine, nel sud del Libano, si è recato sempre oggi in visita il comandante della missione Onu (Unifil), generale Aroldo Lazzaro, “per valutare la situazione e per parlare con i peacekeeper”. Proprio riguardo al fronte nord, secondo il New York Times, l’amministrazione americana avrebbe chiesto cautela alle autorità israeliane, per scongiurare l’ingresso nel conflitto dell’organizzazione Hezbollah e un conseguente allargamento regionale della guerra.

Scenario che i leader riuniti oggi al Cairo, tra cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, puntano a scongiurare, definendo una roadmap che preveda anche il rilancio del processo di pace per creare uno Stato Palestinese. Nei loro interventi di apertura dei lavori, i paesi arabi hanno condannato la “punizione collettiva” inflitta alla popolazione di Gaza, definendo ancora una volta come “linea rossa” lo sfollamento forzato dei civili dall’enclave, ammonendo poi l’Occidente sul “messaggio forte e chiaro che il mondo arabo sta ascoltando”, ha denunciato il re di Giordania. Ossia che “le vite palestinesi contano meno di quelle israeliane, che l’applicazione del
diritto internazionale è facoltativa e che i diritti umani hanno dei limiti: si fermano ai confini, si fermano alle razze, si fermano alle religioni”.

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