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Lo stabilimento ex Ilva

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Come nel marzo 2020, quando l’ex sindaco Rinaldo Melucci emise l’ordinanza con la quale dava 30 giorni per individuare le fonti delle emissioni e porre rimedio, altrimenti ci sarebbe stato il fermo degli impianti dell’acciaieria. Provvedimento che il Tar confermò costringendo l’azienda e il ministero della Transizione ecologica a ricorrere al Consiglio di Stato. Da martedì a giovedì scorso l’acciaieria ex Ilva di Taranto ha incrementato in modo preoccupante le immissioni in area urbana di sostanze inquinanti, con valori oltre i limiti per quanto riguarda una delle sostanze più pericolose per i lavoratori e la popolazione: il biossido di zolfo (So2).

È un gas irritante per le vie respiratorie, che, ad alte concentrazioni, può intaccare le mucose nasali e causare bronchiti e malattie polmonari. A rivelare l’anomalia dei valori presenti nell’aria e registrati dalle centraline poste nel perimetro dello stabilimento, della vicina via Machiavelli nel rione Tamburi, ma anche nel lontano (una quindicina di chilometri) territorio di Talsano, sono state le centraline di monitoraggio dell’Agenzia regionale per l’ambiente (Arpal).

Le centraline monitorano le immissioni cosiddette convogliate, che fuoriescono dai camini degli impianti. «Hanno rilevato – secondo il rapporto dell’agenzia regionale pubblicato sul sito web – significativi incrementi delle concentrazioni degli inquinanti gassosi, in particolare biossido di zolfo (SO2) e benzene (C6H6), che si ritiene opportuno segnalare ad Ispra quale autorità di controllo.

In particolare – di legge ancora -, si segnala che è stato registrato un superamento del valore limite medio orario di biossido di zolfo (SO2) alle ore 19 del giorno del 22 marzo presso la stazione denominata via Machiavelli, con valore pari a 910 milligrammi per metro cubo d’aria e, contemporaneamente, un valore massimo orario presso la cabina della rete AdI denominata Meteo Parchi con valore pari a 517».

È la stessa Arpa a ricordare che quel giorno era segnalato come Wind day, cioè con venti che spirano verso la città portando con sé polveri dalla zona industriale, proprio come nel 2020. E, nel documento notificato ad Acciaierie d’Italia, questo il nome attuale della società che gestisce il siderurgico, sottolinea quali siano le problematiche legate allo sforamento dei limiti di queste sostanze.

«Come noto è scritto nel documento – per il parametro SO2, il decreto legislativo 155/2010 prevede che il valore limite orario in aria ambiente e in siti esterni alle aree industriali, pari a 350 milligrammi per metro cubo d’aria, non deve essere superato per più di 24 volte nell’anno; il valore limite giornaliero è pari a 125 mg/m3. Alle 19 del 22 marzo è stato registrato un valore di concentrazione media oraria di SO2 pari a 910 m g/m 3 nella centralina dei rione Tamburi.

Tale condizione –è precisato – costituisce un superamento del limite orario, sebbene non determini un superamento del limite giornaliero e nemmeno della soglia di allarme di 500 mg/m 3 per tre ore consecutive». Emissioni che potrebbero, questa è una delle ipotesi, provenire dalle cokerie e dal riavvio dell’altoforno 4 che, per problemi tecnici, era stato fermato a novembre dello scorso anno.

Non ci sono per ora le condizioni per provvedimenti come quelli che portarono a un passo dalla chiusura dell’area a caldo, ma sarà compito dell’Ispra approfondire ulteriormente la situazione e indicare quali siano le misure da adottare.

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