Immagine di repertorio
2 minuti per la letturaSedici persone sono state arrestate dai carabinieri del comando provinciale di Taranto, accusate, a vario titolo di aver costituito un’associazione per delinquere, articolata in due gruppi, finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti con basi nella città vecchia e nel quartiere Paolo IV di Taranto. Dei sedici, tredici persone sono state condotte in carcere e tre hanno ottenuto i domiciliari.
Le indagini, condotte dalla sezione operativa della Compagnia carabinieri di Taranto e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce, hanno permesso di sequestrare complessivamente quasi 3 kg di sostanza stupefacente di vario tipo e 20mila euro in contanti.
Le indagini, condotte dalla sezione operativa della Compagnia carabinieri di Taranto e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce, hanno permesso di sequestrare complessivamente quasi 3 kg di sostanza stupefacente di vario tipo e 20mila euro in contanti.
Gli arrestati utilizzavano un’abitazione sfitta come presunta base per i traffici illeciti. L’appartamento, occupato abusivamente, sarebbe stato trasformato in un vero e proprio “fortino della droga», grazie all’istallazione di porte blindate, grate antintrusione e telecamere. All’attività hanno partecipato circa 60 militari, con ausilio di unità cinofile e dello Squadrone Cacciatori «Puglia».
L’indagine, che ha portato anche alla denuncia in stato di libertà di altre 14 persone, è stata supportata da intercettazioni telefoniche e ambientali. Un gruppo, ritenuto egemone, era attivo nello spaccio di cocaina ed eroina nei vicoli della Città Vecchia, mentre l’altro operava nella zona del rione Paolo VI. Sul terrazzo dell’abitazione utilizzata come base logistica è stato trovato anche un fucile d’assalto “AK-47», completo di baionetta e munizionamento.
Le vedette, che verosimilmente «pattugliavano» costantemente le vie di accesso, erano sempre pronte ad avvisare le persone presenti giorno e notte nell’appartamento per la preparazione delle dosi. La vendita al dettaglio avveniva facendo calare un cestino da una piccola finestra al livello della strada, dove erano presenti gli acquirenti. Questi ultimi, provenienti soprattutto dai paesi limitrofi, e che talvolta erano costretti ad aspettare in fila il proprio turno, prima di ricevere la dose richiesta, avrebbero dovuto lasciare i soldi all’interno del cestino, riempito poi con la droga.
L’altro gruppo avrebbe avuto come base un circolo ricreativo abusivo, ricavato in un sottoscala, all’interno del quale vi erano degli apparecchi per il gioco d’azzardo non funzionanti, utilizzati per simulare un locale ad uso ludico. Era stato, quindi, praticato un foro nel muro, collegando il locale ad un altro esercizio attiguo, dal quale sarebbe avvenuto lo scambio soldi-droga. Anche questo locale aveva una porta in ferro corazzata, per rendere difficile l’accesso alle forze dell’ordine.
Sono stati documentati continui viaggi in località del Barese, della Basilicata e della Calabria, effettuati da «corrieri», che si rifornivano di droga, da vendere poi nel capoluogo ionico.
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