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Cantina Santa Lucia

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Il carattere di una terra si misura attraverso l’educazione intellettuale e sentimentale degli uomini che la vivono. A scanso di ogni bozzettismo naturalistico, il disegno di una realtà sociale si tasta soprattutto quando hai la responsabilità di rispettare le piante della vite e dell’olivo, e ragionare attorno al pensiero elementare della cura. I numeri contano, è vero, e bisogna sviscerarli con una certa fierezza: la Cantina Santa Lucia, con 14 ettari estesi ad ovest di Corato, fra le colline della Murgia nord barese, e 3 varietà di uva coltivate, Bombino Nero, Fiano e l’imperituro Nero di Troia, quest’anno festeggia i 200 anni di storia e successi, e in particolare il prestigioso riconoscimento delle 4 viti Ais al suo prodotto di punta, la Riserva Le More 2017, Castel del Monte D.o.c.g. Rosso, Nero di Troia in purezza.

Due secoli di dedizione al territorio possono pesare, eppure Roberto Perrone Capano, proprietario dell’azienda, non ha timore di mettere sul tavolo il proprio sudore: «non mi pesano, al contrario mi piacciono perché ci sono belle storie che abitano il passato, legate non solo al vino ma alla famiglia. Mio nonno aveva dieci fratelli.

C’era uno zio penalista a Trani che difendeva gratis tutti coloro i quali non potevano permettersi di pagare l’avvocato. C’era un altro zio di nome Attilio, diplomatico a Budapest in guerra, quando ci fu il tradimento dell’Italia con l’Asse, volle traversare rapidamente la linea gotica per mettersi al servizio del nuovo governo Badoglio, morì nel corso di una tempesta di neve durante il tragitto, nella diplomazia italiana è considerato un esempio di libertà e di devozione alla patria. Io sono nato qui, ho preso parte a tutte le vendemmie, con cugini e fratelli, si sente la lunghezza della storia, si vede dalle pietre del pavimento in cantina che sono lisce. I profumi del mosto e delle olive e la spensieratezza di maneggiare l’uva e di guidare il trattore sono i ricordi che mi legano fortemente a questa terra, ho fatto tutto ciò che in una città non si poteva fare. Qui ho imparato la libertà».

Il Nero di Troia è un vitigno autoctono indomabile a fronte di una trama tannica di una certa imponenza e di un corpo non sempre bilanciato. Nonostante ciò, il lavoro che si svolge in questa cantina ha sorpreso gli amanti della viticoltura: «abbiamo raggiunto buoni risultati in termini di eleganza e complessità, ma il lavoro continua, ci sono ancora margini di miglioramento, il Nero di Troia è un leone da addomesticare, è come il sigaro cubano che stende il novellino ed esalta l’intenditore. Non bisogna spaventarsi dal tannino, se ben affinato e invecchiato può competere con il nebbiolo e i super tuscan.

Nella mia squadra ho coinvolto alcuni abili tecnici: l’enologa Emilia Tartaglione, l’agronomo Alfredo Tocchini e il cantiniere Antonio Zitoli. Il vino che rispecchia maggiormente la città di Corato è sempre il Nero di Troia perché possiede una ricchezza caratteriale invidiabile, ha anche gli spigoli del pugliese tipico dell’entroterra, ruvido ma leale. Noi siamo grandi per essere una villa con vigneto e con giardino, ma siamo piccoli per essere un’azienda. Puntiamo sulla qualità, siamo certi che dalle piccole realtà possano nascere eccellenze».

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