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In Puglia «grazie» alla pandemia Covid-19 sono stati assunti 7.638 operatori sanitari ma i precari toccano quota 4.453, di cui 401 medici, 2.436 infermieri e 1.616 altro personale. Lavoratori che, dopo il 31 marzo, con la fine dello stato di emergenza, sono a rischio perché i loro contratti non potranno più essere rinnovati in deroga. Professionisti il cui apporto è stato decisivo per replicare alla crisi sanitaria in attività come l’assistenza ospedaliera, il contact tracing, l’incremento del numero di tamponi, la campagna di vaccinazione.

Ora, terminata l’emergenza e scaduti i contratti, gli ospedali pugliesi rischiano di ritrovarsi con piante organiche più «magre», la Puglia potrebbe perdere 4.453 operatori sanitari o parte di essi. Un esercito non facilmente rimpiazzabile. La Regione sta lavorando sotto traccia per trattenerli tutti o quasi, lo stesso governatore Michele Emiliano annunciò la volontà di non dover più rinunciare a questi nuovi dipendenti della sanità. Però bisogna fare i conti con i vincoli imposti dai lacciuoli del ministero delle Finanze e della Salute.

Si stanno muovendo anche i sindacati e le organizzazioni di categoria: la Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) ha trasmesso alla presidenza del Consiglio dei ministri, ai presidenti di Camera e Senato, ai capigruppo parlamentari e alla Conferenza delle Regioni la proposta di assumere tutti i precari della sanità reclutati durante l’emergenza Covid. L’obiettivo è consentire la stabilizzazione del personale che negli ultimi due anni ha affrontato in corsia l’emergenza pandemica.

Sulla base dei dati trasmessi a fine aprile 2021 dalle Regioni e Province autonome al ministero della Salute, nel periodo tra marzo 2020 e aprile 2021 risultano essere stati reclutati 83.180 operatori in tutta Italia, oltre 4mila tra medici e infermieri in Puglia. Dover fare a meno di questo «esercito» sarebbe un ulteriore problema per una regione che, dal 2009 al 2017, ha già perso il 3,5% del personale medico ospedaliero, in particolare dal 2010 – anno di massima occupazione con 6.926 specialisti – al 2017 il numero di professionisti si è ridotto di 275 unità. Non solo: secondo un rapporto sulla spesa del personale, elaborato dal sindacato Anaao-Assomed, entro il 2025 la Puglia perderà altri 1.686 medici. Uno dei dati più alti in Italia, la situazione sarà peggiore solamente in Lombardia, Piemonte, Toscana e Sicilia. Il quadro non cambia se si analizza il comparto dei dirigenti sanitari non medici: la Puglia ne ha persi già 67 dal 2004 al 2017.

«Il periodo che va dal 2010 e arriva ai giorni nostri – si legge nella relazione del sindacato degli anestesisti – è stato terribile per il sistema sanitario nazionale. A causa della crisi economica, il finanziamento è stato progressivamente ridotto. In due anni addirittura in termini assoluti rispetto all’anno precedente: 2013 con il governo Monti e il 2015 con il governo Renzi. Solo con il governo Letta nel 2014 si è avuta una crescita superiore al tasso inflattivo medio (+ 2,9 miliardi: + 2,7% rispetto al 2013). La limitazione della spesa per il personale sanitario – viene spiegato – associata alle politiche dei piani di rientro, rivelatesi di carattere prettamente economicistico, ha determinato nel 2017 una carenza nelle dotazioni organiche di circa 8mila medici, 2mila dirigenti sanitari e 36 mila infermieri. Regioni e Aziende per raggiungere l’equilibrio di bilancio hanno risparmiato tagliando sul personale, un Bancomat che è stato ferocemente sfruttato. E non si è trattato solo di turnover».

Tra le regioni che hanno pagato maggiore dazio c’è proprio la Puglia, che già deve fare i conti con organici ridotti rispetto alle reali esigenze.

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Francesco Ridolfi

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