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LECCE – Era diventato un problema l’ex maresciallo dei carabinieri, Silvano Nestola, 46 anni, e per questo è stato ucciso a fucilate davanti al figlio 11enne, unico testimone oculare, rimasto illeso: in carcere per l’omicidio, avvenuto la sera del 3 maggio scorso, alla periferia di Copertino (Lecce), è finito il padre della sua ex compagna, Michele Aportone, 70 anni, di San Donaci (Brindisi). Non approvava la relazione tra il militare in congedo e sua figlia, 36 anni, determinata a separarsi dal marito e in rotta con la madre che più volte aveva intimato a Nestola di troncare la storia.

Omicidio premeditato e aggravato dai futili motivi, nella ricostruzione dei pm di Lecce, Alberto Santacatterina e Paola Guglielmi, condivisa dal gip Sergio Mario Tosi. Quella sera Aportone si sarebbe nascosto tra la vegetazione e avrebbe aspettato che Nestola uscisse dalla villa della sorella con cui aveva cenato, per far rientro a casa entro le 22, per le limitazioni orarie dovute all’emergenza sanitaria,e avrebbe fatto fuoco con un fucile calibro 12 a pallettoni. L’omicidio avvenne alle 21.52.

«Papà mi ha gridato di correre, c’era un uomo coperto tutto di nero», racconta il figlio di Nestola alla zia. Per il gip la piattaforma indiziaria è solida: almeno quattro gli elementi che hanno portato ad Aportone. In primo luogo, le telecamere sul percorso tra l’area di campeggio gestita da Aportone e la zona dell’omicidio, che riprendono un Iveco Daily di colore bianco uguale a quello in uso al brindisino dalle 19.23 alle 19.43. A un certo punto il conducente inverte la marcia e scompare. Alle 19.50 si vede un ciclomotore blu che Aportone avrebbe usato per raggiungere la villa e avrebbe nascosto nel furgone. Alle 21.58 quel ciclomotore viene visto in direzione inversa. E alle 22.20 si vede di nuovo il Daily. Ciclomotore che Aportone fa a pezzi, incendia e abbandona il 7 maggio. Il secondo indizio è la presenza di minuscole particelle di polvere da sparo sugli indumenti dell’uomo, accertata dalla perizia del Ris. Il terzo è costituito dal fatto che il 70enne lascia il telefonino nell’area camper, per poi riferire ai familiari, consapevole di essere sotto intercettazione, che «ci sono i cellulari che parlano».

A parlare è stato il telefono della vittima: è stato trovato un file audio di una discussione tra Nestola e la madre della ex compagna, datato 20 aprile. La donna dice all’ex militare che ha rovinato la figlia e distrutto la sua famiglia, e l’ex maresciallo risponde sostenendo di essere finito sotto stalking. Per la donna, Nestola si approfittava dei sentimenti della figlia che non sapeva gestirli e non avrebbe potuto vedere il nipote. Il quarto indizio è l’acquisto di un Gps con sim che i coniugi fanno installare sull’auto della figlia per controllarne gli spostamenti: dal 27 marzo al 2 maggio vengono registrati 1.357 contatti.

Per il gip, Aportone ha agito come un sicario in maniera fredda e pianificata e potrebbe avere collegamenti con la mafia: il collaboratore Gianfranco Presta lo ha indicato nel ‘98 come coinvolto in attività illecite con Salvatore Buccarella, storico elemento di vertice della Sacra corona unita.

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