La caserma di Neviano. Una molotov è stata lanciata contro il muro
2 minuti per la letturaUn ragazzo vestito di scuro che lancia contro il muro della caserma dei carabinieri di Neviano, in provincia di Lecce, una bottiglia di birra modificata in molotov e scappa per raggiungerne un altro che lo aspetta. Non sono ancora le 20 di giovedì sera e le telecamere di sicurezza registrano ogni attimo dell’attentato che per fortuna non ha provocato danni all’edificio ma sembra condurre direttamente al blitz antimafia che qualche giorno fa proprio a Neviano, avrebbe portato allo scoperto un meccanismo di scambio di voti e di rapporti fra politica e criminalità organizzata al centro dell’inchiesta della Dda di Lecce e degli arresti effettuati dai carabinieri (15 in tutto).
Il lavoro degli investigatori in queste ore si sta concentrando sul legame fra l’esplosione davanti alla caserma di Neviano e il filo rosso che da tempo legava centri come Noha, Aradeo, Cutrofiano, Corigliano d’Otranto e Lecce dove il clan, che faceva capo ai fratelli Michele e Antonio Coluccia, decideva i tassi d’interesse per i prestiti, le modalità di spaccio di droga o addirittura i contratti di assicurazione o di energia elettrica. Una filiera che era nelle loro mani da quando erano tornati in libertà dopo la detenzione per associazione mafiosa.
Nella rete degli investigatori, qualche giorno fa, era finito anche Antonio Megha, avvocato, ex consigliere e assessore comunale con deleghe a cultura, istruzione e scuola e contenzioso e Neviano nel mondo. All’uomo è stato contestato il rapporto di scambio consolidato Antonio Coluccia diventato “sistema”: 3000 euro per 50 voti, la garanzia di un posto di lavoro per il figlio di uno dei due capoclan.
Intermediario sarebbe stato Nicola Giangreco, 54 anni di Aradeo, uno dei comuni feudo dei Coluccia. Megha ha spiegato al Gip Sergio Mario Tosi, di non aver mai versato denaro in cambio della vittoria elettorale con tre tranche da mille euro ciascuna, ma i risultati dell’inchiesta li collocano invece come una delle tre “rate” per i voti fatti guadagnare all’assessore (che nel frattempo si è dimesso da tutte le cariche, ndr).
Nelle intercettazioni contenute nell’inchiesta le dichiarazioni dell’ex assessore sarebbero concentrate su una capacità di azione molto ampia, fondamentale per garantire al clan dei Coluccia una disponibilità quasi illimitata. Dalle indagini emerge una personalità spregiudicata e una “pervicace volontà a delinquere“.
In un contesto cittadino così influenzato dal potere del clan, il gesto di due sedicenni sembra quasi essere un segno di presenza sul territorio con l’intento di indicare il perimetro di azione che le forze dell’ordine e la magistratura avrebbero invaso solo poche ore fa.
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