La Puglia maglia nera nella collaborazione con l’Agenzia delle Entrate contro l’evasione
3 minuti per la letturaSolo il 3,5% dei Comuni italiani (280 su un totale di 7904) si è schierato nel 2020 al fianco dell’amministrazione finanziaria, trasmettendo all’Agenzia delle Entrate informazioni che si sono rivelate utili per individuare comportamenti evasivi o elusivi. Stando ad una elaborazione di Centro Studi Enti Locali dei dati relativi ai trasferimenti 2021 (riferiti al 2020, e resi noti l’8 ottobre 2021), il grosso delle risorse recuperate attraverso questo strumento è destinato ad enti locali del Nord Italia. Maglia nera per la Puglia che si colloca alla fine dell’elenco delle regioni virtuose con un valore pari a 20.441 mila euro, insieme a Umbria (23.108), Friuli Venezia Giulia (21.387), Campania (21.075), Sicilia (12.743), Abruzzo (8.978) e Molise (3.650).
In termini regionali Emilia Romagna e Lombardia da sole catalizzano il 65% delle somme (4.244.843), il Settentrione è destinatario dell’85,8% dei contributi derivanti dalla partecipazione dei comuni all’attività di accertamento fiscale e contributivo effettuata nell’anno 2020. Seguono il centro Italia, con l’11,2% e il Mezzogiorno, fermo a quota 2,91%.
Guardando alle singole regioni, quella che stacca decisamente il resto del Paese è appunto l’Emilia Romagna che nel particolare ha 68 comuni attivi nella lotta all’evasione e 2.659.337 euro incassati, ha assorbito da sola più del 40% delle risorse complessive. Sul podio anche la Lombardia, con 77 enti coinvolti e contributi per 1.585.506 euro, e la Liguria (542.691 euro). A seguire troviamo: Piemonte (534.854), Toscana (435.635), Veneto (226.932), Marche (185.208) e Lazio (87.408), Calabria (74.819) e Sardegna (47.198) Nella parte più bassa della classifica si collocano, completamente assenti ben 3 Regioni, Basilicata, Trentino Altro Adige e Valle d’Aosta, che non risultano avere alcun Comune beneficiario delle risorse in questione.
A sorpresa, il Comune che ha ottenuto in assoluto i contributi più cospicui in tutta Italia è San Giovanni in Persiceto che, a dispetto delle ridotte dimensioni (conta solo 26992 abitanti), ha incassato ben 912.502 euro contro gli 81.820 di Roma, gli 81912 di Firenze, i 56541 di Venezia, i 21025 euro di Napoli o i 7415 di Padova. Un risultato straordinario quello di San Giovanni in Persiceto che tra l’altro non è inedito. Anche nei due anni precedenti era stato infatti questo piccolo ente del bolognese a portare a casa i contributi in assoluto più cospicui in Italia: 1 milione e 207.344 euro nel 2019 e 1.519.052 nel 2018. Il secondo Comune che si è dimostrato più collaborativo nella lotta all’evasione nel 2020 è Genova, al quale sono stati assegnati 473.057 euro. A seguire, Torino (404.182), Milano (350.195) e Bologna (309.890).
Ma che cosa sono esattamente le segnalazioni qualificate? L’istituto della partecipazione dei comuni all’accertamento fiscale ha origini lontane. Già l’articolo 44 del Dpr. 600/1973 sancì che gli enti locali partecipassero “all’accertamento dei redditi delle persone fisiche […] avvalendosi della collaborazione del consiglio tributario se istituito”. La pratica è stata poi rilanciata nel 2005 con il primo tentativo di incentivazione economica per i Comuni che partecipassero all’attività di accertamento fiscale, fornendo informazioni “suscettibili di utilizzo ai fini dell’accertamento dei tributi erariali, diretti e indiretti”.
L’istituto è stato confermato anche con il cosiddetto “federalismo fiscale” attuato dal Dlgs. n. 23/2011 ed è stato mantenuto fino ad oggi. Gli ambiti d’intervento potenziale sono: commercio e professioni; urbanistica e territorio; proprietà edilizie e patrimonio immobiliare; residenze fittizie all’estero e disponibilità di beni indicativi di capacità contributiva. Come anticipato, gli incentivi economici sono stati via via elevati, fino a toccare quota 100% del gettito derivante da ogni segnalazione che va a buon fine.
Perché quindi questo strumento è utilizzato solo da 3 comuni su 100? Un elemento che sicuramente costituisce un freno importante al diffondersi delle segnalazioni qualificate è il fatto che la procedura da adottare per inoltrarle, è molto farraginosa. Le segnalazioni dei Comuni devono contenere i dati identificativi del soggetto in relazione ai quali sono rilevati comportamenti evasivi ed elusivi “senza ulteriori elaborazioni logiche”. In sostanza, non basta indicare un potenziale evasore adducendo motivazioni generiche, ma il personale comunale deve mettere in piedi una vera e propria istruttoria e questo richiede tempi lunghi, personale qualificato e risorse strumentali e tecnologiche adeguate.
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