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Presidio davanti allo stabilimento Bosch

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Un timido passo avanti. Non certo decisivo. È come le segreterie dei sindacati definiscono in sintesi l’esito dell’incontro al ministero del Sviluppo economico sulla crisi dello stabilimento Bosch di Bari. A compierlo i vertici della multinazionale tedesca che, a fronte dei 700 esuberi in cinque anni annunciati lo scorso gennaio, hanno escluso di voler chiudere il sito industriale barese, il secondo della regione con i suoi 1.700 addetti, e hanno aperto a possibili nuovi investimenti. Il nodo da sciogliere è sempre lo stesso.

La produzione è ancora in gran parte incentrata su due pompe per motori di automobili diesel. Con l’accordo del 2017 sono arrivati sette prodotti non legati alla trazione endotermica. Tra queste le e-bike, che al momento occupano all’incirca 350 addetti e che potrebbero salire di un centinaio di unità. Insufficienti per affrontare la transizione prevista a partire dal 2035 con la messa al bando dalle produzioni dei motori endotermici da parte dell’Unione europea.

«La direzione aziendale – fanno sapere i sindacati – ha ripetuto che Bosch non ha intenzione di chiudere, ma da una parte non ha chiarito quale possa essere la futura missione industriale e dall’altra ha rimarcato la necessità di guadagnare competitività, sia abbattendo i costi, in particolare quelli della energia e dei trasporti, sia mantenendo la massima flessibilità.

Inoltre ha sottolineato che perfino a parità di volumi produttivi di per sé l’elettrificazione comporta una forte riduzione dell’occupazione per ragioni tecniche di processo. A loro detta il diesel deve restare uno dei due pilastri del futuro, ma il processo di diversificazione deve proseguire». Il diesel nel 2027 dovrebbe passare dall’80 per cento del portafoglio dello stabilimento al 67, mentre le produzioni non legate al diesel dal 20 per cento al 33. Tra le buone nuove la ripresa della collaborazione tra il centro ricerca e sviluppo interno e il resto della filiera produttiva.

Un’opportunità che potrebbe aprire le porte dello stabilimento all’ingresso di produzioni già applicate come quelle Euro 7 delle motrici per macchine agricole e movimento terra. La Regione, era presente il capo della task force per l’occupazione Leo Caroli, e lo stesso ministero hanno spiegato come siano a disposizione strumenti finanziari per accompagnare le nuove produzioni, anche attraverso la formazione. I dirigenti del Mise hanno ipotizzato di poter reperire risorse nelle maglie del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Le parti si aggiorneranno nell’arco di un mese.

«Ora – spiega Caroli, che ha messo sul tavolo anche la possibilità di un cosiddetto Contratto di sviluppo e il cofinanziamento nazionale – occorre che l’azienda formalizzi quanto annunciato in un documento che racchiuda un nuovo piano industriale che definisca gli investimenti e che individui i nuovi indirizzi produttivi che compensino la diminuzione delle attività legate ai motori diesel». In ballo anche nuovi ammortizzatori sociali per accompagnare la riconversione. Il governatore Michele Emiliano esulta.

«Sono contento – ha dichiarato Emiliano – che non si parli più dei 700 esuberi: ora siamo a disposizione di tutti gli attori in campo per rafforzare questa decisione. L’azienda – conclude – venga ora a presentare il piano definitivo al tavolo regionale, per trovare un’intesa con le organizzazioni sindacali». Sindacati che però appiano molto più prudenti. «I buoni segnali ci sono – spiega il segretario Uilm Riccardo Falcetta-, ma finché non vedremo un piano industriale concreto non saremo certo rassicurati dalla situazione.

Del resto i 700 esuberi sono ancora lì e la cassa integrazione che coinvolge oltre il 50 per cento egli addetti dello stabilimento li conferma. Attendiamo in sostanza quali produzioni saranno portate a Bari». Sulla stessa linea Ciro D’Alessio, segretario Fiom Cgil: «Oggi l’azienda mette al centro della discussione la volontà prioritaria di discutere di piano industriale.

La strada è ancora lunga certamente difficile e complicata ma se un piccolissimo passo avanti è stato fatto è solo grazie alla capacità di reazione delle lavoratrici e dei lavoratori della Bosch di Bari a seguito alle comunicazioni del 27 gennaio. Ora si va avanti con un fitto calendario di incontri con l’azienda e con le istituzioni con l’unico obbiettivo si salvare il sito barese e far sì che nessun posto di lavoro vada perduto».

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