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I guadagni non dichiarati, il lavoro nero e l’attività illegale della mafia, rappresentano in Puglia il 19,1% del valore aggiunto totale. Una ricchezza nascosta che, ovviamente, danneggia l’economia legale e reale, la concorrenza e, più in generale, un intero territorio. Percentuale che pone la Puglia al quarto posto dopo, nell’ordine, Calabria (21,3%), Campania (19,8%) e Sicilia (19,3%), e sopra la media italiana (13,1%) e quella del Mezzogiorno (18,8%). I dati di contabilità nazionale sono calcolati dall’Istat e inseriti dagli uffici regionali negli allegati della manovra economica regionale.

Nel 2018, ultimo anno per cui sono disponibili i dati, l’economia non osservata, cioè la somma della componente sommersa e di quella illegale, rappresenta in Puglia il 19,1% del valore aggiunto totale: le componenti più rilevanti in termini di peso sono la rivalutazione della sotto-dichiarazione dei risultati economici delle imprese (8,9%), l’impiego di lavoro irregolare (7,1%) e l’attività illegale (3,1%).

Quest’ultima componente potrebbe apparire bassa, ma in realtà è quasi alla pari di altre Regioni del Sud con forte presenza criminale: in Campania, ad esempio, incide per il 3,3%, in Calabria per il 3,6% e in Sicilia 3,8%. Il valore aggiunto in economia è la misura dell’incremento di valore che si verifica nell’ambito della produzione e distribuzione di beni e servizi finali.

“L’incidenza dell’economia non osservata – si legge nel documento della Regione Puglia – è molto alta nel Mezzogiorno, dove rappresenta il 18,8% del complesso del valore aggiunto, seguita dal Centro (13,8%).Le quote registrate nel Nord-ovest e nel Nord-est, pari rispettivamente a 10,3% e 10,94% risultano molto più contenute a al di sotto della media nazionale. La rivalutazione da sotto-dichiarazione ha il valore più elevato nel Mezzogiorno (pari all’8% del valore aggiunto) mentre nel Nord-ovest registra il livello più contenuto (4,7%), anche la quota di valore aggiunto generato da impiego di lavoro irregolare nel Mezzogiorno (7,5) è al di sopra del valore medio nazionale (pari al 4,9%), mentre Centro (5,0%) , Nord ovest (3,8%) e Nord est (3,9) registrano valori più contenuti”.

A livello regionale, la Calabria è la regione in cui il peso dell’economia sommersa e illegale è il più alto: con il 21,3% del valore aggiunto complessivo. Al contrario l’incidenza più bassa si registra invece nella Provincia Autonoma di Bolzano (8,4%). La Puglia, tuttavia, presenta la quota maggiore di rivalutazione del valore aggiunto sotto-dichiarato (8,9%), al contrario la percentuale più bassa si registra nella Provincia autonoma di Bolzano-Bozen (2,8%).

Il peso del sommerso dovuto all’impiego di input di lavoro irregolare è particolarmente elevato in Calabria (9,8% del valore aggiunto) e Campania (8,5%), le quote più contenute sono quelle osservate in Lombardia (3,6%) e Veneto (3,7%). Esaminando la distribuzione provinciale del valore aggiunto per abitante, la provincia di Bari ha il dato più elevato con 19,6 mila, seguono la provincia di Brindisi con 16,6 e le provincie di Taranto e Foggia con 16,3mila euro per abitante a terminare troviamo Lecce (15,2) e Bat (14,6).

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