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Il segretario generale Uil Puglia Franco Busto

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Franco Busto è pessimista. Non si fida della ripresa sottolineata dagli indici degli ultimi mesi e prova a fare i conti con i 49 tavoli di crisi aziendali e 5.324 posti di lavoro a rischio che la Puglia eredita dal 2021. «Dopo la pandemia sanitaria, rischiamo la pandemia sociale», avverte il segretario regionale della Uil. Dall’ex Ilva alla Leonardo, dalla Bosch alla ex Osram, passando per Brsi e Dana Graziano, le vertenze sono soprattutto complesse e si trascinano oramai da alcuni anni. Allo stesso tempo ha un pensiero per il presidente di Confindustria Puglia Sergio Fontana, dopo l’ordigno esploso davanti alla sede della sua Farmalab a Canosa. «Episodio inquietante, la nostra massima solidarietà», aggiunge.

Questa ripresa non la convince?
«Più che ripresa lo definirei un rimbalzo, quasi fisiologico, dovuto alla profonda crisi causata dalla pandemia Covid. Un sei per cento di crescita che dovrà fare i conti con il ritorno dell’inflazione. I contratti di lavoro che lo reggono sono per lo più precari. Donne e giovani continuano a essere penalizzati e le differenze delle condizioni di lavoro sono ancora tante. Non solo. Sul tavolo del governo ci sono vertenze tutt’altro che risolte e se ne sommeranno delle altre. Facciamo i conti con l’aumento dei costi dell’energia elettrica e nel frattempo la politica si concentra solo sull’elezione del nuovo presidente della Repubblica, quando mancano invece una politica economica e industriale degne di questo nome».

Politiche che interessano da vicino le vertenze industriali pugliesi. In che modo andrebbero affrontate?
«Almeno tre, ex Ilva, Leonardo e Bosch, per spessore industriale e numero di lavoratori coinvolti, sono tra le più complesse dell’intero Paese. Per la prima siamo ancora in attesa di vedere in concreto il piano industriale, nel frattempo il governo e i nuovi dirigenti parlano di riconversione in dieci anni. Ma dieci anni è un tempo infinito, chissà se ci sarà ancora la fabbrica, chissà se ci sarà ancora Taranto. Servono risposte concrete ora. Per la Leonardo la situazione è difficile e non certo risolta dallo spostamento di qualche lavoratore in altri stabilimenti dello stesso gruppo. La Regione starebbe lavorando a un nuovo accordo di cui ancora non sappiamo. La vertenza Bosch è un altro capitolo doloroso».

La notizia di questi ultimi giorni è che per quest’anno ci sarebbero 620 esuberi. Vi sorprende?
«Non più di tanto, perché consociamo qual è la situazione. Finora l’azienda non ha smentito e questo ci preoccupa, anche perché i numeri sono superiori a quelli del 2019, quando si parlava di 520 esuberi. Un quantitativo più soft ridotto da incentivi all’esodo e prepensionamenti. Per noi rimane valido l’accordo di due anni fa che prevedeva sì la cassa integrazione ma nel frattempo lo spostamento su Bari di produzioni legate all’industria verde dell’automobile».

Finora però c’è stato solo l’insediamento della produzione per le bici elettriche.
«Solo quella. Non basta di certo. Siamo l’unica organizzazione sindacale a spingere affinché siano spostate a Bari produzioni di altri stabilimenti Bosch in Italia. Dal Nord, dalla Lombardia soprattutto, dove l’azienda sta assumendo. Con la solidarietà infragruppo potremmo almeno porre rimedio in parte alla crisi attuale in attesa di un vero e proprio progetto di riconversione. La settimana prossima, comunque, chiederemo un incontro per capire quale sia la situazione effettiva».

Eppure ci sono le opportunità del Pnrr da cogliere.
«Ci sono, certo, ma finora Regione e Comuni non hanno battuto un colpo sui progetti. Se si interrogano i ministeri rimandano tutto al presidente del Consiglio Mario Draghi. Si rischia di concludere poco, ma se i soldi per la transizione verde non li si spende in Puglia con le questioni aperte, come anche ex Ilva o la centrale termoelettrica di Cerano, dove li vogliamo spendere?!»

Su quali altri fronti chiedete un cambio di marcia?
«Il primo è quello sanitario. La Regione è senza un assessore, col governatore Michele Emiliano a interim. Si decidono cose senza alcun confronto o interlocuzione, si corre con le vaccinazioni dei bambini e non si dà sicurezza sulla ripartenza delle lezioni in classe a scuola. Vorremmo discutere di ciò che sta accadendo, degli ospedali di comunità ad esempio, ma finora non ci è stata data alcuna possibilità. Vorremmo palare poi di trasporti, si punta al turismo ma non esiste ancora un collegamento da Vieste a Santa Maria di Leuca organizzato in tempi umani. E ancora di sicurezza sul lavoro, e qui c’entra il governo. La si smetta di andare avanti con iniziative spot come i bonus perché aumentano le domande e accorciano i tempi della produzione a discapito dell’incolumità dei lavoratori. Ma tra Regione e governo non sappiamo quali siano i referenti con cui interloquire».

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