X
<
>

Un gruppo di risparmiatori al presidio di ieri mattina

Share
3 minuti per la lettura

«DEVO andare dal dentista, devo fare un ecodoppler, mi servono le calze che costano 150 euro. Come faccio con 500 euro di pensione?». Domenica Annoscia, 72 anni e la sua disavventura in Banca popolare di Bari, porta al collo un cartello: «Rivoglio i miei risparmi, mi sono fidata della Banca popolare di Bari – si legge – e sono rimasta vittima d’inganno premeditato!!! I miei risparmi sono spariti». Non è sola, nell’aiuola che guarda la “torre” di via Dioguardi, dove hanno sede Procura e Tribunale di Bari, c’è un gruppetto di manifestanti.

Sono i rappresentanti dei 2.700 risparmiatori e azionisti della Bpb, che protestano contro l’estromissione dal processo dell’istituto di credito come responsabile civile, eventualità sulla quale stamattina scioglierà la riserva la seconda sezione del tribunale, presieduta dal giudice Marco Guida. «Non siamo fantasmi, non siamo nomi scritti su un pezzo di carta – hanno detto – ma persone in carne e ossa che in alcuni casi hanno perso tutto. Se la banca sarà estromessa come responsabile civile, per noi il processo sarà finito, non avremo più alcuna speranza di essere risarciti».

Nell’udienza del 27 settembre scorso del processo a carico di Marco e Gianluca Jacobini, padre e figlio (rispettivamente ex presidente ed ex condirettore generale dell’istituto di credito barese), la banca – citata come responsabile civile – ha chiesto, infatti, di essere estromessa, ritenendo che nei suoi confronti sia stato violato il diritto di difesa. Nel processo gli imputati Jacobini sono accusati di aver falsificato per anni i bilanci e i prospetti, e di aver ostacolato l’attività di vigilanza di Bankitalia e Consob. Nei loro confronti la banca si è anche costituita parte civile.

Ma Domenica, vessillo di una immensa platea di insoddisfatti, urla le sue paure: «Cinque anni fa portai tutti i miei risparmi alla Banca popolare, erano 70mila euro. Mi fecero firmare delle carte, io ho la quinta elementare e non ne capisco niente. Non lo sapevo che stavo comprando le azioni, mi hanno truffato – racconta – A 16 anni e mezzo avevo già una figlia, ho lavorato sempre. Ma ora? Sono vedova, vivo con 500 euro di pensione al mese, rischio anche di perdere la casa, mi sembra di impazzire. E io che credevo di fare una vecchiaia tranquilla».

Non è l’unica, no. Gennaro Baccellieri ha 60 anni e una vita sui campi: «Io la pensione non ce l’ho – esordisce – Sono un agricoltore, ho passato tutti i miei anni con la schiena piegata, ora ho l’artrosi e tanti dolori. Ho messo i miei soldi alla BpB, 18 mila euro, che ora non valgono più niente. Ma ditemi: io ora dove vado a 60 anni a lavorare? Vado a rubare, a fare il terrorista? Mi arrestassero, mi portassero in galera, almeno lì mi danno da mangiare». Lo abbracciano, lo calmano, lo accompagnano al bar , mentre il gruppetto si scioglie. I loro diritti saranno comunque rappresentati in tribunale dal presidente del Comitato, l’avvocato Giuseppe Carrieri e dagli altri legali.

Già nella scorsa udienza, l’avvocato Corrado Canafoglia, che con i colleghi Antonio Calvani, Valentina Greco e Ennio Cerio rappresenta per l’Unc (Unione nazionale consumatori) il collegio di difesa di 230 azionisti azzerati, aveva così commentato: «Siamo amareggiati dall’atteggiamento della Procura, che dopo aver condiviso la nostra richiesta di chiamare in causa la Banca popolare di Bari quale responsabile civile, ora compie un dietrofront a 360 gradi, voltando le spalle ai risparmiatori e accettando l’ipotesi avanzata dalla stessa banca di essere esclusa dal procedimento, rendendo in tal modo impossibile per le parti civili di poter accedere ai risarcimenti in caso di condanna degli imputati». Questa mattina la parola passerà al tribunale.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE