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Una filiale della banca

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C’è anche Banca popolare di Bari nell’immenso elenco di consulenze svolte da Enrico Laghi, consulente del Governo e del mondo economico italiano, arrestato (ai domiciliari) per corruzione in atti giudiziari nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione dell’Ilva. Il curriculum del commercialista romano, ordinario di economia aziendale a La Sapienza, snocciola nomi importanti, da Benetton e Caltagirone ad Alitalia, Snam, Rai, Pirelli, Telecom, Unicredit, Air Italy. E anche Banca popolare di Bari.

Siamo nel 2016, a ottobre, poco prima della ipotetica trasformazione in spa: il professor Laghi viene incaricato dal consiglio di amministrazione di Bpb (all’epoca nelle mani della famiglia Jacobini) di stabilire il valore di recesso delle azioni per quegli azionisti che volessero esercitarlo in previsione della trasformazione (poi non avvenuta). La perizia durerà qualche settimana e il 23 novembre 2016 viene depositata.

È stata elaborata, scrive il consulente, considerando il «piano industriale 2016-2020 e l’analisi delle proiezioni economico-finanziarie e patrimoniali, trasmesso dal management della banca». E, soprattutto, su «bilanci e informazioni finanziarie della banca relativi agli esercizi dal 2011 al 2015». L’acquisizione di Tercas che, come si scoprirà dopo, aggraverà la pesantissima situazione finanziaria dell’istituto, avviene nell’estate 2014, il 1 agosto è lo stesso management a darne notizia ufficiale.

Ma, nonostante il livello di allarme che l’operazione comporta, il superconsulente certifica un valore di quelle azioni (inizialmente fino a 9,5 euro) compreso in una forbice fra 5,70 e 7,60 euro per azione. E precisa: «Le informazioni sono state fornite da Bpb e si è proceduto sulla base di tali informazioni senza una verifica indipendente», verifica che viene poi fatta e certificata da Price Waterhouse Coopers, la società di revisione il cui socio, Nicola Nicoletti, è oggi coinvolto assieme a Laghi e all’ex procuratore Carlo Maria Capristo nell’inchiesta della procura di Potenza. Il collocamento in fascia alta delle azioni serviva, in sostanza, a valutare l’intero patrimonio della banca fra 943 milioni e un miliardo 249 milioni.

Quattro anni dopo, però, nel giugno 2020, analoga consulenza viene affidata ad un altro esperto, anche lui ordinario di Economia aziendale a La Sapienza, Michele Galeotti. Sono i commissari di Bankitalia subentrati agli Jacobini (nel frattempo arrestati, il 31 gennaio 2020), questa volta, a nominare una figura «indipendente», come loro stessi la definiscono nella delibera, per determinare il valore delle azioni.

E l’esito è totalmente differente: «Essendo il valore economico del capitale della banca al 31 marzo 2020 negativo, ovvero compreso fra -485 e -1086 euro per milioni, si può concludere che il valore unitario di liquidazione dell’azione della banca ai fini del diritto di recesso collegato all’operazione straordinaria della trasformazione, compreso è fra euro -2,9 ed euro -6,5». Saranno quindi i commissari, in vista dell’assemblea per la trasformazione in spa, a fissare il valore di ogni azione a zero euro. Praticamente inesistenti.

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