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La protesta contro le trivellazioni in mare

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La Puglia è stata l’ultima ad arrendersi delle regioni italiane in difesa del proprio mare, ma adesso la decisione della Corte di giustizia europea rischia di mettere una pietra tombale sulla questione della ricerca di petrolio.

Ieri la Corte ha, di fatto, concesso il via libera a tutti i permessi di ricerca degli idrocarburi rilasciati dal ministero dello Sviluppo economico negli ultimi anni. I giudici europei, infatti, hanno stabilito che è conforme al diritto europeo il fatto che uno Stato membro dia più permessi di ricerca sugli idrocarburi alla stessa società richiedente, anche se le attività verranno svolte su zone contigue.

Il caso era stato sollevato dalla Regione Puglia nel 2020, prima con un ricorso respinto dal Tar e poi davanti al Consiglio di Stato. La Puglia si opponeva a quattro concessioni ottenute nel mare Adriatico, al largo della costa pugliese, dalla società australiana Global Petroleum. La Regione sosteneva che la società avesse presentato quattro diverse domande per effettuare esplorazioni attraverso indagini sismiche in 2D e 3D in Adriatico, ognuna entro un perimetro di 750 chilometri quadrati, per un totale di quasi 3.000 kmq, per aggirare la norma italiana che vieta di effettuare ricerche in aree superiori ai 750 kmq, in contrasto con le norme europee in materia di concorrenza.

Il Consiglio di Stato, pur ritenendo che le estensioni delle concessioni non fossero compatibili con le norme europee sulla concorrenza, aveva rimesso alla Corte Ue la questione trasmettendo una domanda di pronuncia pregiudiziale. Se i giudici europei avessero accolto la posizione del Consiglio di Stato, le autorizzazioni concesse sarebbero state annullate. Ma così non è stato.

La Corte di Giustizia dell’Unione europea, in particolare, era chiamata a stabilire se fosse compatibile con la direttiva europea in materia di concorrenza la legislazione italiana «che, da un lato individua come ottimale ai fini del rilascio di un permesso di ricerca di idrocarburi un’area di una data estensione, concessa per un periodo di tempo determinato e dall’altro lato consente di superare tali limiti con il rilascio di più permessi di ricerca contigui allo stesso soggetto, purché rilasciati all’esito di distinti procedimenti amministrativi».

La risposta della Corte ieri è stata «sì»: è conforme al diritto europeo il fatto che uno Stato membro dia più permessi di ricerca sugli idrocarburi allo stesso operatore, anche se le attività verranno svolte su zone contigue. Ad una condizione, però: quella di «garantire a tutti gli operatori un accesso non discriminatorio a tali attività e di valutare l’effetto cumulativo dei progetti che possono avere un impatto notevole sull’ambiente».

Ed è su questo punto che la Regione Puglia sta studiando eventuali contromosse. «Confidavo in una decisione di tipo diverso. Adesso apriremo immediatamente una riflessione e vedremo cosa poter fare», ha detto l’assessora all’Ambiente della Regione Puglia, Anna Grazia Maraschio.

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