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Esame di laboratorio in corso

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Era stata salutata come una «rivoluzione» e sulla carta lo era. Se non fosse che il governo nazionale ha deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge approvata dal Consiglio regionale pugliese che avrebbe permesso di diagnosticare, attraverso il sequenziamento del Dna in epoca fetale, l’85% delle malattie rare. Una scelta inaspettata ma dalla Puglia ora promettono battaglia, il più irritato è il consigliere regionale del Pd, Fabiano Amati era stato il promotore della norma, la prima in Italia nel suo genere.

«Il governo – commenta – ha inflitto un grave danno alla diagnosi sulle malattie rare e alla disciplina della genetica medica, impugnando con una motivazione tecnicamente abnorme la legge sul sequenziamento dell’esoma. Il motivo? Si sostiene che la tecnica non è nei Lea ed invece c’è e ha il codice da G1.01 a G1.47. Una vicenda gravissima che m’induce a chiedere a media, genetisti, associazioni e cittadini un’intensa campagna d’attenzione e denuncia, perché si tratta di problemi riguardanti ciò che c’è di più importante: la vita. Combatterò su tutti i fronti questa battaglia per l’innovazione e la salute».

La legge era stata approvata lo scorso agosto e l’ospedale Di Venere di Bari, in tempi brevissimi, si era già attivato per eseguire i test. «La decisione d’impugnare – attacca Amati – è un festival di paradossi a discapito purtroppo delle possibilità di cura dei pugliesi e di tutti i cittadini italiani, perché la legge pugliese stava diventando una buona pratica da imitare. Il governo nazionale ha deciso d’impugnare, sulla base di una proposta avanzata dal ministero della Salute, sostenendo la mancata previsione del metodo diagnostico nei livelli essenziali d’assistenza (Lea). Si tratta di un’abnorme e clamorosa svista».

La genomica viene considerata il futuro nella lotta alle malattie rare, la tecnica è complicata ma in grado di produrre effetti positivi. Si tratta di analizzare un elevato numero di frammenti di Dna in parallelo, sino a ottenere la sequenza di molti geni in contemporanea o addirittura l’intera regione codificante, quella composta da 180mila porzioni, cioè l’1% di tutto il genoma umano. In altre parole: il genoma umano è soggetto a mutazioni evolutive, senza delle quali non ci sarebbe la vita. Accade però che alcune mutazioni, che si sviluppano in un luogo che si chiama regione codificante e che rappresenta l’1% di tutto il genoma, producono informazioni false o incomplete in grado di compromettere la produzione e la funzione delle proteine, generando così l’85% delle malattie.

La proposta di legge, quindi, autorizzata l’analisi gratuita del genoma in alcuni casi, come ad esempio feto con malformazioni, multiple o associate; neonato in condizioni critiche; pazienti con sospetto sindromico per malattia rara con sintomi di malattia e privi di diagnosi o causa biologica; cittadini con condizione genetica nota su base anamnestica familiare o appartenenti a gruppo o popolazione con alto rischio di sviluppare una patologia genetica.

«Ulteriore paradosso – aggiunge Amati – sin dal 26 ottobre del 2017 è stata sottoscritta un’intesa tra Stato, regioni e provincie autonome per l’innovazione del sistema sanitario basata sulle scienze omiche e che tra gli impegni assunti con quell’intesa c’è quello, a carico delle regioni, di recepire obiettivi e azioni. L’impugnazione della legge creerà una sospensione dell’attività, nelle more che la Corte costituzionale si esprima su una pratica associata a necessità di tempestiva diagnostica e dove ogni giorno perso corrisponde a una riduzione di possibilità nella cura. Mi appello a tutti, a partire dai media, per promuovere una campagna d’informazione e d’attenzione martellante, finalizzata a determinare le condizioni per ottenere dal governo nazionale un auspicabile passo indietro».

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