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L’ospedale di S. Giovanni Rotondo dove è morta Lucrezia

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«Mi gira la testa». Queste le ultime parole pronunciate, prima di perdere conoscenza, da Lucrezia Mastrodonato, la donna di Bisceglie morta lo scorso 27 novembre all’ospedale “Casa sollievo della sofferenza” di San Giovanni Rotondo nel quale era ricoverata. Un arresto cardiaco l’ha strappata alla vita ed all’affetto dei familiari quattro giorni dopo essere stata sottoposta ad un intervento chirurgico per la sostituzione di una valvola aortica. L’operazione era stata condotta all’interno della stessa clinica, con esito ritenuto soddisfacente dai medici.

Nata nel 1974, Lucrezia Mastrodonato avrebbe compiuto 47 anni il 29 novembre: affetta fin dalla nascita da un’insufficienza aortica manifestatasi sempre in forma moderata, al punto da non impedirle di vivere un’esistenza tranquilla, sposarsi e mettere al mondo due figli (una ragazza di 17 e un ragazzo di 12 anni), negli ultimi mesi il suo quadro clinico era divenuto più serio. Rivoltasi ad un cardiochirurgo coratino, questi le aveva consigliato la sostituzione della valvola aortica.

In sala operatoria, nel corso delle sei ore di intervento sarebbero sorte alcune complicazioni secondo quanto sostenuto dal marito della donna, che si è rivolto ai legali dello Studio3A: «La paziente aveva subìto un’emorragia e le erano state trasfuse due sacche di sangue, e la valvola di cui era dotata “naturalmente” era più piccola di quella artificiale da innestare, ragion per cui si era dovuta allargare la zona d’innesto ma tutto era stato superato».

Tenuta precauzionalmente in terapia intensiva per tre giorni, la 46enne era stata successivamente trasferita nel reparto di cardiochirurgia: «Stava bene: accusava solo un affaticamento nel respirare, qualche difficoltà a parlare e alcuni giramenti di testa, considerati però fisiologici e passeggeri postumi dell’operazione appena subita – è quanto osservato nella nota dei legali della famiglia Mastrodonato, guidati dall’avvocato Aldo Fornari.

«Sabato 27 novembre le erano stati tolti anche ossigeno e drenaggio, non era più allettata e le era stato detto che avrebbe dovuto iniziare a passeggiare. Ed è proprio mentre la donna, con l’ausilio di un girello, assieme al marito stava facendo due passi in reparto e stava tornando nella sua stanza, che ha fatto appena in tempo a dire “Mi gira la testa” prima di accasciarsi: nel breve tragitto la coppia aveva incontrato il cardiochirurgo di Corato, che aveva annunciato loro che il martedì o mercoledì successivi la paziente sarebbe stata dimessa».

Purtroppo non è andata così: tutti i tentativi di rianimare la donna sono risultati inutili, comprese 40 iniezioni di adrenalina, oltre ad un disperato massaggio cardiaco a cuore aperto. Lucrezia Mastrodonato è spirata: l’accaduto ha gettato nello sconforto, oltre a marito e figli, anche i suoi tre fratelli e gli anziani genitori. I familiari hanno presentato, l’ 1 dicembre scorso, un esposto alla Tenenza dei Carabinieri di Bisceglie allo scopo di accertare se la morte sia legata a una qualche anomalia della valvola artificiale impiantata.

Le indagini sono state avviate e condotte dal pm della Procura di Foggia Pietro Iannotta, che ha acquisito e studiato la documentazione clinica e aperto un fascicolo con l’ipotesi di reato di omicidio colposo in concorso iscrivendo nel registro degli indagati otto medici della struttura (due di Roma, due di San Giovanni Rotondo, uno rispettivamente di Corato, Foggia, Bari e San Marco in Lamis), raggiunti il 23 dicembre da un’informazione di garanzia. Secondo l’accusa gli otto avrebbero agito «Con negligenza, imprudenza ed imperizia».

Quanto agli accertamenti tecnici non ripetibili, il magistrato ha disposto lo svolgimento dell’autopsia sul corpo di Lucrezia Mastrodonato: la data e il nome dello specialista che se ne occuperà saranno definiti il prossimo 5 gennaio e le otto persone sotto inchiesta potranno nominare consulenti di parte come ha già fatto la famiglia della donna, incaricando il dottor Mauro Ciavarella.

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