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Il marò Massimiliano Latorre fa causa allo Stato chiedendo un maxi-risarcimento milionario per averlo fatto tornare in India dove rischiava la pena di morte. Il luogotenente – rimasto in carcere nel Kerala per 106 giorni insieme con il collega Salvatore Girone – chiede un risarcimento per non aver potuto fare carriera, mettere su famiglia e per diversi altri motivi.
A difendere il militare, tuttora in Marina, sono gli avvocati Fabio Anselmo, già legale della famiglia Cucchi, e Silvia Galeone. Per il momento, rivela il Fatto Quotidiano, è in corso all’Ordine degli avvocati di Roma la mediazione che precede obbligatoriamente le cause civili. Ma presto potrebbe arrivare anche un’altra causa, da parte dell’altro marò Girone.
“Abbiamo scritto una lettera alla Marina chiedendo di riparare al sacrificio patito da Girone, con toni amichevoli – spiega il suo avvocato, Enrico Loasses -, ma è arrivata una risposta negativa di una sola riga. Ora stiamo valutando».
L’azione legale per la richiesta di risarcimento danni allo Stato da parte di Latorre è stata promossa nei confronti «del precedente governo. Credo sia una cosa che non sconvolge e che anche l’altro militare, Salvatore Girone, ne abbia una in cantiere uguale. E’ chiaro che quello che hanno sofferto i due militari merita considerazione da parte dello Stato. La gestione della vicenda da parte del governo italiano non è stata soddisfacente e in linea con il rispetto delle loro situazioni personali, umane e familiari». Lo dice all’ANSA l’avvocato Fabio Anselmo,.
La vicenda risale al 2012, quando Latorre con il commilitone Girone fu accusato di aver ucciso due pescatori indiani scambiandoli per pirati, fino al 2021 quando il gip di Roma ha archiviato le accuse nei loro confronti.
«Penso – sottolinea il legale – si confidi anche sul fatto che l’attuale governo, i cui esponenti politici sono sempre sembrati particolarmente sensibili nei confronti dei due militari, si faccia carico di ciò che deve essere loro riconosciuto».
La richiesta di risarcimento, ha spiegato il legale, è nella fase che precede la causa vera e propria, ovvero una mediazione in cui si tenta di comporre in maniera “amichevole” la lite giudiziaria. Nella richiesta «vengono rappresentate – evidenzia l’avvocato Anselmo – le sofferenze patite per tutta la gestione che viene criticata ivi compreso il ritorno in India con la pena di morte». Quanto all’ammontare della richiesta di risarcimento, il legale non entra nel dettaglio ma spiega che «è chiaro che hanno passato circa dieci anni un calvario molto pesante, personale, giudiziario e non solo».
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