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Tangenti per scarcerare mafiosi, così agevolando un gruppo di narcotrafficanti del Foggiano. Per questa gravissima accusa l’ex gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis e l’ex avvocato penalista barese Giancarlo Chiariello, il quale avrebbe pagato le mazzette al giudice per i suoi clienti, sono stati condannati alla pena di 9 anni e 8 mesi di reclusione. La sentenza, emessa al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato dinanzi alla gup del Tribunale di Lecce Laura Liguori, riconosce la responsabilità degli imputati per il reato di corruzione in atti giudiziari con l’aggravante mafiosa.
Sono quattro le vicende corruttive contestate e in tutte – ritengono procura e giudice – De Benedictis e Chiariello avrebbero agevolato la mafia. Tre dei quattro presunti beneficiari delle scarcerazioni ottenute pagando fino a 30mila euro, però, sono stati assolti.
La gup ha condannato alla pena di 3 anni e 8 mesi di reclusione solo uno di loro, Danilo Pietro Della Malva, attualmente collaboratore di giustizia e ritenuto uno dei clienti di Chiariello che avrebbero usufruito delle scarcerazioni frutto degli accordi corruttivi.
Assolti «per non aver commesso il fatto» gli altri tre accusati di aver ottenuto la revoca di misure cautelari in cambio di tangenti pagate dall’avvocato al giudice: Roberto Dello Russo, Antonio Ippedico e l’avvocato Pio Michele Gianquitto.
E’ stato poi condannato alla pena di 4 anni l’avvocato Alberto Chiariello, figlio di Giancarlo, ritenuto suo complice, mentre sono stati assolti da tutte le accuse l’avvocatessa dello stesso studio legale Marianna Casadibari e l’appuntato dei carabinieri in servizio nella sezione di pg della Procura di Bari Nicola Vito Soriano. I quattro imputati condannati dovranno inoltre risarcire il ministero della Giustizia con 30mila euro e i soli Giancarlo e Alberto Chiariello anche l’Ordine degli avvocati di Bari, costituito parte civile.
«Una sentenza molto dura» dicono i legali di De Benedictis, gli avvocati Saverio Ingraffia e Gianfranco Schirone, annunciando prima ancora di leggere le motivazioni – tra sessanta giorni – che sarà impugnata.
Per questa vicenda l’ex gip di Bari e l’avvocato Giancarlo Chiariello sono finiti in carcere il 24 aprile 2021 (e sono tuttora detenuti agli arresti domiciliari). A De Benedictis, poi, fu notificata alcuni giorni dopo un’altra misura cautelare per traffico e detenzione di armi da guerra.
E’ suo, ritiene la Dda di Lecce, l’arsenale che fu trovato nascosto nel deposito sotterraneo di una villa di Andria, composto da più di 200 pezzi tra fucili mitragliatori, fucili a pompa, mitragliette, armi antiche e storiche, pistole di vario tipo e marca, esplosivi, bombe a mano ed una mina anticarro, oltre a circa 100.000 munizioni.
Da queste ulteriori accuse l’ex gip si difenderà in un altro processo che sarà celebrato con il rito abbreviato a partire dal 28 giugno dinanzi alla stessa gup Liguori. Oltre lui sono imputati l’imprenditore agricolo Antonio Tannoia, proprietario della villa che custodiva l’arsenale, e il caporal maggiore capo scelto dell’Esercito Antonio Serafino, che ha chiesto di patteggiare la pena a 5 anni di reclusione.
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