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La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza con la quale, nel dicembre 2020, la Corte di Assise di Appello di Bari aveva confermato la condanna a 20 anni di reclusione nei confronti di Domenico Velluto, imputato per l’omicidio volontario di Rocco Sciannimanico, ucciso il 14 febbraio 2001.

Velluto, 55enne barese, è ritenuto anche il capo dell’omonimo gruppo criminale in affari con il clan mafioso Parisi.

L’inchiesta era inizialmente stata archiviata per insufficienza di prova a carico dei sospettati. Quattordici anni dopo, le dichiarazioni dell’ex moglie di Velluto avevano consentito alla Procura di Bari di riaprire il caso. La donna aveva raccontato agli inquirenti che quella sera di San Valentino aveva aspettato il marito sotto casa per andare a cena insieme per ben due ore. Al suo arrivo, intorno alle 22, la donna lo accusò di essere stato con l’amante ma il marito, per giustificare il ritardo, le volle dimostrare che in realtà si trovava altrove: la portò sul luogo del delitto mostrandole il segno del cadavere ancora presente sull’asfalto.

La donna diventò testimone di giustizia e sulla base delle sue dichiarazioni e degli ulteriori accertamenti disposti dalla Dda di Bari, fu quindi accertato l’autore del delitto, individuando come movente dell’omicidio un debito per una partita di droga non pagata.

Velluto, assistito dagli avvocati Massimo Roberto Chiusolo e Pino Giulitto, è tuttora in carcere per una vicenda di narcotraffico. Per l’omicidio dovrà affrontare un processo di appello bis. La difesa ha ribadito che la sera del delitto l’imputato aveva un alibi, ritenuto falso nei precedenti gradi di giudizio: l’uomo avrebbe trascorso la serata in pizzeria a guardare una partita di calcio e, nell’accusarlo, la donna sarebbe stata «animata da gravissimi motivi di rancore nei confronti dell’ex marito – dicono i legali – , che la aveva vessata per anni, maltrattandola continuativamente».

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