L’indagine è stata svolta dalla Polizia postale
2 minuti per la letturaNei video e file che viaggiavano in Rete c’erano persino le immagini di bambini di età inferiore ad un anno. Un presunto giro di pedopornografia online partito attraverso la creazione di un dominio neozelandese che sarebbe stato realizzato da un 26enne residente in provincia di Napoli. Dopo un anno e mezzo di indagini coordinate dalla Procura di Bari, ieri la polizia postale ha eseguito sequestri e arresti in tutta Italia: l’inchiesta, ribattezzata dagli inquirenti «Revelatum», ha portato, nel dettaglio, all’esecuzione di 67 perquisizioni in 15 regioni italiane, 59 denunce e 8 arresti in flagranza.
Tra questi un 52enne di Foggia finito agli arresti domiciliari, con divieto di utilizzare internet, sui cui pc e telefoni gli investigatori hanno trovato più di 400 immagini pedopornografiche, molte delle quali stampate. Complessivamente l’inchiesta, coordinate dalle pm baresi Carla Spagnuolo, Daniela Chimienti e Angela Moria Morea, conta 80 indagati, tutti uomini di età compresa tra i 20 e i 77 anni.
L’indagine è partita da una segnalazione anonima arrivata nel settembre 2020, con l’indicazione di un sito contenente una cartella denominata «Porno» al cui interno, a sua volta, c’erano 19 sottocartelle con nomi riferibili al genere di file, dalle età dei protagonisti di video e foto alla natura «brutale» delle immagini. Così gli investigatori hanno scoperto 421 file «di chiara natura pedopornografica», la gran parte con protagonisti bambine e adolescenti tra i due e i dieci anni, caricati da 3.011 utenti italiani. Tutti sono risultati collegati ad una piattaforma creata nel luglio 2020 su un dominio neozelandese da un 26enne residente in provincia di Napoli.
Gli accertamenti della Polizia postale di Foggia e Bari, con il coordinamento del Centro Nazionale di Contrasto alla Pedopornografia Online, si sono concentrati per circa un anno e mezzo sull’analisi di 2.643 account, 63 dei quali risultati già segnalati in passato per fatti simili e 56 di questi – al centro di autonomi procedimenti penali – finiti anche all’attenzione dell’organo statunitense Ncmec, il National Center for Missing and Exploited Children che si occupa della condivisione di informazioni su minori scomparsi, vittime di reati e contrasto alla pedopornografia.
Video e foto sono stati quindi «categorizzati secondo gravità» spiegano gli investigatori, e utilizzati per ricostruire le tracce informatiche lasciate dai soggetti che a vario titolo vi erano entrati in contatto. A quel punto la Procura ha emesso i decreti di perquisizione, estesi ai sistemi informatici degli indagati, che hanno consentito di sequestrare circa 60 dispositivi, oltre a numerosi spazi virtuali. Nel complesso il materiale sequestrato ammonta a più di 500 Terabyte di volume.
Alcune delle centinaia di immagini pedopornografiche trovate su pc e telefoni sequestrati ad una delle persone arrestate dalla polizia postale «ritraggono l’utilizzo di bambini in tenera età, persino inferiore a un anno».
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