Paul Haggis
2 minuti per la letturaLa 29enne inglese che ha denunciato Paul Haggis potrebbe aver avuto “intenti speculativi”. E’ quanto si legge nel provvedimento con cui il tribunale del Riesame di Lecce ha rigettato l’appello proposto dal pubblico ministero contro l’ordinanza del gip di Brindisi del 4 luglio con cui era stato rimesso in libertà, dopo 16 giorni agli arresti domiciliari (dal 19 giugno al 4 luglio), il regista canadese, accusato di violenza sessuale aggravata e lesioni personali su una donna inglese di 29 anni, violenze che sarebbero avvenute in un B&B di Ostuni dove Haggis si trovava per partecipare all’Allora Fest.
Per tre giorni consecutivi, aveva denunciato la 29enne, il premio Oscar avrebbe abusato di lei per poi lasciarla in aeroporto, ferita e confusa, all’alba del 15 giugno. Il racconto «non pacificamente attendibile” fatto dopo dalla donna, nel corso di un lungo incidente probatorio, ha «gettato pesanti ombre – secondo il Riesame – sulla sua attendibilità compromettendo notevolmente il requisito della gravità indiziaria».
“Le numerose incongruenze e contraddizioni evidenziate unitamente alla manifestata non indifferenza alla ricaduta economica della vicenda non possono che far fortemente dubitare della genuinità del racconto della persona offesa – scrivono i giudici – Chiaramente, ben lungi da voler anche solo sfiorare una valutazione morale, la situazione che plasticamente si evidenzia dalla lettura degli atti è il tentativo di un approccio da parte” della 29enne “nei confronti di Haggis, personaggio molto noto e verosimilmente economicamente solido, che accoglie l’iniziativa della donna verosimilmente solo per una esperienza di conoscenza sessuale che gestisce probabilmente con modalità spicciole e poco rispettose tanto da deludere le aspettative di ben altra natura della partner”.
Non solo. I messaggi inviati dalla 29enne su Instagram al regista rivelano “con chiarezza un corteggiamento che la donna rivolge al regista al fine di incontrarlo e passare alcuni giorni in sua compagnia, probabilmente per instaurare una relazione personale, più che professionale – si legge – . Ne è conferma il fatto che la ragazza decide di condividere la stessa camera e dunque lo stesso letto, con il suo ospite”.
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