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di MARIA PIA GARRINELLA
BARLETTA – «La gravità dell’episodio, le modalità di esecuzione dello stesso e la facilità con la quale è stato commesso il reato, inducono a ritenere che misura idonea e proporzionata sia solo quella della custodia in carcere».
È questa la conclusione e la decisione del giudice per le indagini preliminari di Trani, Domenico Zeno, dopo l’interrogatorio di convalida del fermo degli indagati per la morte del 24enne barlettano Claudio Lasala, avvenuta alcune ore dopo essere stato picchiato e colpito all’addome con un coltello.
Morte di cui sono accusati il 18enne Ylias Abid e il 20enne Michele Dibenedetto, in carcere con l’accusa di omicidio volontario in concorso con l’aggravante dei futili motivi. La notte fra venerdì e sabato scorso, a mezzanotte e mezza circa, la vittima era con alcuni amici in un locale del centro storico, il “Primo drink and more”, attualmente sottoposto a sequestro.
È al bancone del bar Claudio Lasala quando arrivano anche i due indagati. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, grazie alle immagini riprese dalle telecamere dentro e fuori il locale e alle testimonianze rese dai presenti, e riportato sia nel decreto di fermo sia nell’ordinanza del gip, fra lui e Dibenedetto comincia un diverbio. Il 20enne pretende che Lasala gli offra da bere. Ma quella richiesta ha il sapore del pretesto, tant’è che il diniego del 24enne scatena una lite fra i due, con schiaffi e pugni. Questo risulta dai verbali degli inquirenti.
Ulteriori dettagli emergono però dai racconti di amici, conoscenti e da chi era lì quella sera, evidenziando la distanza e la contraddittorietà fra quella «Reticenza degli escussi a fornire precise indicazioni, chiaro sintomo di omertà evidentemente scaturita dal timore di eventuali ritorsioni, trattandosi di soggetti pluricensurati legati alla criminalità barlettana – a cui viene fatto riferimento nel decreto di fermo del 31 ottobre; e il gran parlare su chat e fra amici che si sta facendo in città e, secondo cui, oltre al cocktail negato, la discussione fra i due sarebbe stata legata anche ad altre ragioni, forse un paio di occhiali rubati. Di fatto pretesti per fare esplodere la violenza.
Dalle immagini si vede chiaramente che i due litigano, che qualcuno, il responsabile del locale, cerca di dividerli e farli uscire. Intanto, l’occhio vigile della telecamera inquadra il 18enne Abid affacciarsi sul bancone e afferrare un coltello, quello per tagliare lime, arance e frutta per i cocktail. Fra i due, Abid e Dibenedetto, uno sguardo d’intesa e quello che gli inquirenti definiscono un chiaro e inequivocabile cenno di uscire, anzi parlano di incitamento. I tre sono fuori dal locale, escono come una furia e sono in mezzo a una folla di ragazzi e ragazze, sulla piazzetta antistante il bar.
Le immagini mostrano Dibenedetto colpire Lasala con dei pugni e Abid colpirlo all’addome. Tutto avviene in pochissimo tempo, sette minuti trascorsi fra il primo approccio nel locale e l’accoltellamento all’esterno. Gli amici della vittima sono preoccupati, lo chiamano ma lui non risponde, uno di loro lo vede allontanarsi verso l’ingresso principale del castello e lo segue. Quando gli altri chiamano al cellulare Claudio, è lui che risponde e dice dove si trovano. Un altro amico chiama i carabinieri mentre un infermiere, passato per caso e notato il ragazzo in terra, si ferma e gli presta soccorso in attesa del 118.
Lì i carabinieri troveranno anche la visiera di un casco, sottoposta a sequestro, pare utilizzato per continuare a infierire su Lasala che aveva tentato la fuga dopo essere stato ferito. Intanto, dall’altra parte, «Abid – si legge nell’ordinanza del gip – ritornava in direzione dell’interno del bar. Prima di entrare, armato ancora di coltello, parlava con un cameriere». Il cameriere prende il coltello e lo riporta al barman che lo rimette al posto dopo averlo pulito con l’amuchina.
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