Il quartiere Libertà
4 minuti per la letturaLuca Bratta vive e lavora nel Libertà da un decennio. Tanto per poter raccontare di un quartiere che si sta spegnendo. Le saracinesche continuano a rimanere chiuse. E il Covid stavolta c’entra poco. Sono anni che le strade, che raccontano il quartiere, si svuotano di attività commerciali e di gente che impugna buste della spesa. «Ho una attività in via Crisanzio, racconta Bratta. Siamo rimasti in tre, hanno chiuso tutti. In questa città – prosegue – manca un progetto sul commercio. Piazze e strade chiuse al traffico non servono se non ci sono attività commerciali o eventi. Tolgono posti auto e la gente preferisce i centri commerciali dove non rischia di prendere multe».
Via Crisanzio, ma anche via Manzoni, corso Italia, via Nicolai, quelle che un tempo erano il cuore del Libertà si stanno spegnendo: basta attraversarle a piedi per fare la conta dei cartelli di vendesi o affittasi. Tantissime le denunce che si susseguono. «Hanno ghettizzato il quartiere», racconta ancora Bratta che, con residenti e commercianti, ha dato vita a un comitato che raccoglie denunce e disagi per poi riportarle all’amministrazione comunale: «Noi abbiamo provato a costruire un dialogo, ma le nostre parole restano inascoltate».
E poi c’è il grande nodo di corso Italia, dove i residenti devono convivere con un dormitorio a cielo aperto. Ci sono barboni che hanno costruito giacigli di cartoni e che, anche durante il pomeriggio, dormono per strada. Capita spesso che espletino i loro bisogni agli angoli delle strade, sotto gli occhi dei passanti.
Il Libertà, un quartiere che è a ridosso del centro, sta morendo. Muore di incuria e di degrado. Uno dei più popolosi quartieri della città, dove da sempre hanno convissuto mondi diversi. Un luogo dai profumi forti, dove strade intere sono state occupate da stranieri, nigeriani soprattutto. Dove il dialetto è diventata anche la loro lingua. Ti incrociano per la strada e ti salutano “Ciao uagliò”. C’è un Tribunale civile nel Libertà, che conosce il degrado almeno quanto il quartiere che lo ospita. In queste strade vivono professionisti che corrono impugnando ventiquattrore e minorenni che si scambiano bustine agli angoli delle strade.
A mezzogiorno c’è il profumo forte di focaccia che si incrocia con le spezie dei cibi africani. Ci sono le campane delle chiese che suonano e tappeti dove pregare Allah. E poi ci sono i fuorisede che condividono stanze in quegli stabili a pochi passi dall’Università. Il Libertà è musulmano e cattolico. Accoglie le storie di uomini e donne arrivati con i barconi in Italia. Di famiglie della vecchia malavita barese che negli anni hanno perso un po’ di potere ma che, tra questi vicoli, pretendono di esercitarlo ancora. Ciò che non c’è al Libertà è il lavoro. E senza di quello è difficile poter immaginare il futuro.
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